venerdì 9 maggio 2008

Si sta come a Natale sull’albero le palle

Che tutto è transitorio è cosa nota. La vita. E’ un fatto biologico, inutile che state a toccarvi o a cercare del metallo in mezzo a tutta questa plastica. L’amore. L’amore dura. A volte una vita intera. A volte meno. Ma l’amore cambia, l’abitudine modifica, lo rende in transito tra stadi diversi. Oppure rimane sempre e per sempre se stesso. E allora il vostro corpo produce endorfine a manetta, peggio che una fabbrica di metamfetamine in Messico. Il lavoro. C’è la flessibilità. Il lavoro è precario. Ci sono pure i film. Anche se Ken Loach aveva detto alcune cose, quando? Nel ’91, nel ’93? E io che pensavo che “Piovono pietre” (K. Loach, 1993) fosse un retaggio dell’Inghilterra thatcheriana. La cosa migliore del lavoro è la frase “Tutti sono utili. Nessuno è indispensabile”. Che ti viene subito voglia di farlo incorniciare ‘sto aforisma. Ti metteresti tu in persona a ricamarlo all’uncinetto. Poi saggeresti la resistenza del vetro e della cornice sulla testa dell’AD. Ma la mercificazione di tutto farà poi bene al lavoro? E non è una domanda che arriva da strane ideologie. Quelle sono spirate prima del tornello tra il vecchio e il nuovo secolo. Probabilmente non avevano pagato il biglietto. O non volevano assistere allo spettacolo. Che poi ti viene ovvio dire ci sentiamo io vado. Eddove vai? Non so, ma qui non sono indispensabile. Che se non sei indispensabile, vuol dire che sei dispensabile, e farti i cazzi tuoi diventa semplice coerenza.

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