lunedì 30 marzo 2009

De Rosa: Prevention e Johnny Flynn: A Larum

Da Inghilterra e Scozia arrivano i dischi che sto ascoltando ultimamente: “A Larum” di Johnny Flynn and the Sussex Wit e “Prevention” dei De Rosa.
Flynn, già attore, compone un disco con echi folk, atmosfere ironiche, melodie di facile ascolto: che il titolo arrivi dal Middle English e che lui stesso sia stato attore shakesperiano sono elementi importanti. “A Larum” è un buon album di notevole profondità. Altrettanto profondo con testi curati e melodie sempre all’altezza è “Prevention”.
Gli scozzesi De Rosa (del Lanarkshire, per essere precisi) sono una band che ha esordito nel 2006 con “Mend”, ottenendo un buon riscontro nella critica. Questo nuovo album conferma le capacità di suonare un post-pop, una musica ormai contaminata da mille correnti e a cui è piacevole abbandonarsi.


domenica 22 marzo 2009

Cabaret Bisanzio


Il laboratorio di finzioni! Con sezioni su letture, visioni, suoni, e quello che più
vi piace, riapre dopo il giusto
letargo invernale.
E' primavera. Cambiate stile, seguite
Cabaret Bisanzio...

mercoledì 18 marzo 2009

Non parliamo la stessa lingua, di Todd Hasak-Lowy: l'ironia è Kosher


Todd Hasak-Lowy, già professore universitario di lingua e letteratura ebraica, esordisce con questa raccolta di racconti, e fa centro. Centro pieno. Mescolando elementi della tradizione ebraica, clichè del nostro tempo e piccole ossessioni comuni, crea veri e propri gioielli. Ha una scrittura particolare, non surreale ma istrionica, una scrittura che si sa spostare perfettamente da un registro all’altro, diventando ora caustica, ora commovente, mai noiosa. I sette racconti, molto diversi tra loro, sono accomunati da un’ironia tagliente, dissacrante, e soprattutto da uno sguardo lucido ed impietoso sui meccanismi che muovono le relazioni interpersonali.Ci sono veri e propri colpi di genio, come l’idea di alternare in un racconto un evento banalissimo e tragico come la perdita di un portafogli alla morte di milioni di persone a causa di un attacco nucleare. Un dolcetto stantio può dare il “la” ad un vero e proprio “attacco culturale”, un colloquio di lavoro può diventare un’analisi profonda della propria vita, il tutto senza – in effetti – rendersene conto. In questi racconti collimano così tante cose che è difficile scegliere cosa citare: l’inchiesta sul centro dimagrante – resa in forma di articolo di giornale, con tanto di note a fondo pagina -, lo scontro generazionale e culturale, la furbizia e la cattiveria, il dilemma morale e la più spontanea idiozia: tutto dosato sapientemente per non risultare mai artefatto. E’ strano ritrovarsi a ridere e commuoversi nello spazio di poche righe, ma Hasak-Lowy è molto bravo, ed è bravo soprattutto a non far pesare questa sua capacità: il mescolare il quotidiano con lo straordinario, la morte con la risata, i pugni e la droga con la sensibilità e l’intelligenza. I personaggi di Hasak-Lowy sembrano affogare nelle paludi delle loro ossessioni, sono uomini, ragazzi, adulti, tutti con un qualcosa che fa inceppare l’ingranaggio, tutti a cercare di venire fuori da quel grande pantano che chiamiamo vita. Il ragazzo protagonista de "Il compito di questo traduttore” è assolutamente credibile nel suo sacro terrore per il compito che lo aspetta, Larry (l’uomo del portafogli) è un perfetto esempio di middle class americana, talmente imbarazzante nella sua inadeguatezza da strappare più di una risata. La cornice che viene fuori da questi racconti può apparire – alla fine – desolante, ma va bene se questa realtà ci viene data da autori come Hasak-Lowy, dotati di intelligenza e, soprattutto, di talento.

All'inizio, una massa impressionante di dirigenti televisivi di New York e di Washington riprese il controllo e inspirò profondamente, una volta resisi conto di avere tutti gli occhi puntati addosso e che toccava a loro guidare l'America e il mondo nella comprensione di questa storia, toccava a loro riferire, delucidare, interpretare, fare chiarezza. Operatori, sceneggiatori e truccatori si misero stoicamente al proprio posto, con tazze di caffè fumante, motivati dall'atmosfera solenne del destino e del dovere, mentre le figure di autorità di ogni livello in tutte le case di produzione dicevano cose tipo "E' il nostro momento", "Teniamoci pronti", e "Forza ragazzi" .

sabato 14 marzo 2009

Noble Beast di Andrew Bird


Un album grandioso già prima di ascoltarlo, aprire lentamente le alette di cartone per scoprire gli scomparti con i porta CD (“Unless creatures” è un bonus CD strumentale) e la parte con un disegno ripiegato e un foglio con i testi. E dopo, naturlamente, ascoltare... Andrew Bird in “Noble Beast” manipola il suono pop trasformandolo in pura melodia, il fischiettare della sua voce a volte è l’unica linea da seguire per addentrarsi nelle canzoni. Tutte splendide: da “Oh No” a “Masterswarm”, con il suo favoloso cambio di ritmo, per passare attraverso “Tenousness”, con un testo che usa le parole per dare forma al ritmo e alla melodia stessa, oppure “Nomenclature” o la stupenda “Anonanimal”. Si potrebbero trovare similitudini, molte, un violino, un procedere che ricorda Thom Yorke, una aspra dolcezza che fa pensare a Leonard Cohen, ma “Noble Beast” è semplicemente un capolavoro, un album di eccezionale bellezza. Finito di suonare, “Noble Beast” continua a fischiettare le sue melodie ad evaporare nella stanza, e a impregnare superfici e oggetti.

venerdì 13 marzo 2009

Ferito di Percival Everett. Feriti comunque.

Con “Ferito”, romanzo del 2005, Percival Everett esplora il genere western, o come dice lui, scrive un romanzo ambientato nel West. Wyoming, pianure, cavalli selvaggi e muli diabolici. Un’ironia dolce accompagna e scalda la cadenza degli eventi, il passo di marcia verso la morte.
L’omicidio di Matthew Shepard, avvenuto vicino a Laramie nel 1998, è lo spunto del romanzo: un omicidio causato dall’odio per gli omosessuali. Nel 2007 venne presentato al congresso degli Stati Uniti il Matthew Shepard Act. Sebbene fosse una proposta bipartisan, alla fine Bush impose il suo veto: la legge prevedeva un coinvolgimento del Bureau per crimini simili e un inasprimento delle pene come per i delitti a sfondo razzista. Il gesto di Bush, alla luce della sconfitta di McCain, appare patetico quanto le azioni di Nixon prima delle sue dimissioni: l’amministrazione Obama si è impegnata a far passare il Matthew Shepard Act.
Per tornare dalla realtà alla finzione, il protagonista del libro e narratore in prima persona è John Hunt, un nero che alleva e addestra cavalli. Insieme a lui il vecchio zio Gus. Come il protagonista de “La cura dell’acqua” anche Hunt ha subito una perdita, la morte della moglie, proprio su un cavallo non ancora domato. I protagonisti di Everett nei suoi ultimi romanzi appaiono sempre “feriti”. Forse perché “nessuno ha l’esclusiva dell’odio in questo paese”: il nero Hunt, il pellerossa vittima di alcuni neonazisti che lo minacciano uccidendone gli animali e chiamandolo “negro rosso”, o gli omosessuali, come il giovane David, figlio di un vecchio amico di Hunt.
Un romanzo stupendo ricco di immagini simboliche, ma mai pretestuose, come la caverna che compare più volte nella vicenda.
Everett esplora il lato oscuro dell’America, qui o nel suo romanzo successivo (La cura dell’acqua).

Ferito” offre al lettore una struttura più lineare e un approccio più “facile” rispetto alla costruzione sperimentale di “The Water Cure”. E’ una visione ancora più cupa del West di Cormac McCarthy. I momenti di tenerezza o di semplice stupore di fronte alla bellezza della vita, il deserto rosso, il cucciolo di coyote che ha lottato ed è sopravvissuto, oppure l’amore rendono la malvagità dell’uomo meno comprensibile e allo stesso tempo inevitabile. Come la morte.
Everett esplora ed inquieta, d'altronde “è questo che fa tanta paura di una caverna, che qualcuno possa entrarci”.

lunedì 2 marzo 2009

Christian Frascella. Mia sorella è una foca monaca.

Dopo che Pacchiano su Il Sole 24 Ore (ma prima di lui Genna) lo ha paragonato (si parva licet) a “Il giovane Holden” è difficile scrivere qualcosa che renda giustizia allo straordinario esordio di Frascella. Inoltre i riferimenti a Bukowski e Fante sono stati già fatti. Eliminato così il retroterra culturale, o almeno quello più ingombrante, rimane la materia narrativa. E qui ne troverete in abbondanza. Non è possibile non amare questo protagonista perdente ed ironico. Frascella coinvolge il lettore in un passo a due al ritmo delle martellate sul muro di Berlino (il libro è ambientato tra il 1989 e il 1990).
Importante registro stilistico è quello dettato dall’ironia, amara o puramente divertente. Una professoressa può essere, nello stesso paragrafo, una bellezza o una tardona con le tette mosce. Dipende. Frascella o meglio il suo protagonista, l’adolescente che dà inizio al libro con una rissa nel cortile della scuola, rivisita i luoghi comuni trasformandoli in qualcosa d’altro: letteratura. Facile a dirsi.
Però l’autore non gioca solo su un registro ironico, sa anche parlare d’amore, quello tra il protagonista e Chiara, in modo mai lezioso: quando la vede appoggiata a un cancelletto arrugginito "la sua posizione era come il verso di una poesia che non se ne va più via dalla testa finché non muori”. Qui è il contesto che conta, la posizione del corpo, il vecchio cancello, lo squallore della periferia confrontato all’amore, il tutto espresso in poche righe. E’ sempre questione di equilibrio. E’ sempre letteratura.
Il rapporto con il padre, chiamato solo “il Capo” è il sentimento dell’amore filiale depurato dalle idiozie: amore e conflitto. Mi sembra che in tutto il romanzo l’autore sia stato attento a non dire nulla di più del necessario. Questo non è assolutamente un romanzo avvicinabile allo stile minimalista. Pur costellato di richiami filmici a volte espliciti, altre volte più celati, gli eventi narrati arrivano al lettore senza nessuna trappola letteraria.
Più complesso del romanzo di Cisi, che volutamente si rinchiude nelle mura della fabbrichetta, può in parte ricordarlo per i passaggi sul lavoro come apprendista operaio, però -si è detto- “Mia sorella è una foca monaca” (oppure col titolo originale “I Fuochi di Sant’Elmo”) è un’opera più complessa. E’ un romanzo di formazione e insieme un grido disperato di salvezza di fronte alla vita, mescolato a un’ironia bagnata dalle lacrime.