lunedì 29 marzo 2010

La cattiva strada di James Crumley

Quando James Crumley scrive questo romanzo è il 1983 (circa), sono passati vari anni da “Il caso sbagliato”, l’altro noir che vede Milo Milodragovitch protagonista. Crumley ha sempre scritto poco. La sua prima opera, “Uno per battere il passo”, è stata tradotta da una piccola casa editrice e narra della sua esperienza nell’esercito.
Scrittore avvolto da un’aura leggendaria, oltre che dalle esalazioni dell’alcol, Crumley è il personaggio a cui è dedicato un intero romanzo di Patrick Raynal, direttore all’epoca della Série Noir per Gallimard “Cercando Sam” che contiene, come un inserto, la citazione del Dead Perfect Solid Martini. Era il 1998, i noir Einaudi avevano un’impronta nera sulla costola, conoscevo Raynal per fama e Crumley perché Luca Conti, che avrebbe poi ritradotto le sue opere (non ha ancora finito se si vuole essere precisi), ne parlava come di un mito vivente. Il suo ricordo per la morte di Crumley è un distillato di malinconia ed epica grandezza. Che poi, Conti lo sa bene, Crumley avrebbe preferito un altro martini a tutta l’epica e la grandezza, o almeno è quello che avrebbe risposto se interrogato in materia.
La cattiva strada” fa risplendere un’opera già apparsa nei Gialli Mondadori (“Dalla parte sbagliata”: comunque il titolo originale è “Dancing Bear” e il lettore è bene che lo sappia visto che l’orso, danzante o stecchito, è un elemento della trama). Milo si trova invischiato in una storia di cui non si riesce a trovare il senso. Pedinamenti, fughe, esplosioni. A un certo punto il protagonista è stremato (nel romanzo ha quarantasette anni): “Ma che cazzo pensai. Se quei pezzi di merda mi stanno alle calcagna, se vogliono fare secco un vecchio scorreggione come me, già mezzo morto di paura, adesso sono cazzi loro. Mi trovano proprio caldo, schizzato a questo modo. Soprattutto perché, a parte la coca, mi ero sistemato alla grande: mezza dozzina di bombe a mano , un’arma automatica [un Ingram M-11 - n.d.r] e nove caricatori pieni”.
Nei libri di Crumley il western è mescolato al noir, solo che l’eroe non è mai senza macchia; a parte l’alito che sa di Schnapps, le pupille tradiscono un uso continuo di cocaina. Questo l’autore lo sa benissimo e anche Milo: “Ero tornato a lavoro da sole ventiquattro ore e già facevo schifo al cazzo. Sembravo un cadavere ambulante di serie B, un uomo in fuga da se stesso”.
E’ la vita che siamo sempre costretti a trascinarci con noi, che ci definisce e, a volte, ci condanna. I noir di Crumley non sono un elogio alla sregolatezza: la paura e il desiderio sono i sentimenti più forti, e dominano le vite di molti suoi personaggi in un modo che non spereremo mai di incontrare.

James Crumley “La cattiva strada”, (ed. or. 1983), pp. 292, 18 euro, Einaudi, 2010.

martedì 9 marzo 2010

Citazioni

E' più criminale fondare una banca che rapinarla.
Bertold Brecht

Su Intesa San Paolo e la sua nuova pubblicità regresso:
Strategie evolutive

martedì 2 marzo 2010

Il sangue è randagio di James Ellroy. Dov’è quel piccolo clic che collega tutto.


Un solo nome: Klein. Un solo collegamento: Dave Klein. Un omaggio. Una sola conclusione con i fili ancora appesi, pronti al corto circuito, aperti. Scintille sul finale della tetralogia di Los Angeles. “White Jazz”. Ora questo. L’ultimo volume di “Underworld America”.
JFK. Morto. MLK. Morto. RFK. Morto. “Tricky” Dick in corsa contro Hubert H. Humphrey per la Casa Bianca. Gli uomini dietro le quinte. Dwight Holly. Wayne Tedrow Junior. Infiltrazione. Riciclo di denaro. Disinformazione. “Il sangue è randagio” si apre con una rapina: denaro e smeraldi. Un filo che legherà insieme troppe vicende. “Dimmi qualcosa. Dimmi tutto”: come sempre Ellroy non si risparmia. Alterna anfetamine e barbiturici. Impenna la storia, la incrocia con la Storia, le vicende si contorcono, rituali voodoo, erbe haitiane, la visione si sfalda. Leggo. Alcune pagine diventano sfuocate. Qui qualcosa non torna: bisogna leggere ancora. Non si può smettere. Impilo i romanzi come fascicoli. Donald Crutchfield con strane assonanze con Ellroy da giovane. Furti nelle case. Dexedrina. Ossessioni. Donne. Fotografie. Biancheria intima. “I miei luoghi oscuri” infiltrato nella trilogia. Trilogia di fascicoli. Di Romanzi. R. Erre maiuscola. Tutto finto. f. Effe minuscola. Nessuna regola. Le regole sono note. I problemi non esistono, se non esiste una soluzione. Sudore sui fogli. Fuoco nelle strade. 1968: le micce sono accese. Tutte. Il romanzo corre. Vite che s’intrecciano troppo tra di loro. La storia di James Ellroy o la si vive (in parte) oppure è inutile accostarsi a questo autore. Riprendo il precedente fascicolo: Sei pezzi da mille/marzo 2001/L.39.000 – 20,14 euro. Sulla prima pagina una “J” strascicata. Un piccolo marchio.
La mazza da golf sul cranio di W. T.: un finale ondeggiante. “Sei pezzi da mille”: pagati. “Il sangue è randagio” riparte da lì. Da quel finale. Non è che un ultimo enorme tassello nella storia/Storia di Ellroy. “Underworld America”, ispirata a “Libra”, a “Underworld”; libri che avrei letto. Dopo.

Donald Lindscott Crutchfield. La tappezzeria che si anima. Collegamenti che diventano chiari. Clic. La rapina. Clic. L’assassinio brutale. Ossessioni continue. “-Perché fai queste pazzie?-. -Perché voglio piacere alle donne-”. E le donne, scomparendo, rimangono. Vive.
Come sempre in Ellroy un personaggio può morire in poche righe. E accade. J. Edgar Hoover è l’ultima morte “storica”, ma un attacco di cuore, può avere molte spiegazioni. Provate questa.

Il Watergate resta fuori, sospeso, una presenza che rimane indelebile, non serve la scrittura. E la scrittura di James Ellroy non è epica, perché mito essa stessa: la trilogia usa “la verosimiglianza senza scrupoli”, trascina il lettore per oltre ottocento pagine, devia, assolve senza redimere, crolla. Tutto è iniziato con “American Tabloid”. Il primo colpo. Dalla collina: Dallas 22 Novembre 1963. In memoria di quello che eravamo.
Dimmi qualcosa?
NIE sucks.

James Ellroy, “Il sangue è randagio” (ed. or. 2009), pp. 859, 24 euro, Mondadori, 2010.