mercoledì 21 maggio 2008

Il bosco morto di James Sallis


Il titolo è cambiato, la bellezza del romanzo è rimasta identica.
Pubblicato come “Cypress Grove Blues” nel maggio del 2004, “Il bosco morto” di James Sallis è da alcune settimane in libreria. Verso fine giugno dovrebbe essere pubblicato anche “La strada per Memphis” dove ritorna Turner, il protagonista di “Cypress Grove”.


"Quindi ce ne stavamo in silenzio, a goderci l'uno la compagnia dell'altro. Due cittadini del mondo che, per un istante, si chiamano fuori dalla lotta, anche se entrambi hanno cose importanti a cui tornare, e che per un po' se la prendono comoda, seduti sulla veranda del tempo".
Ci sono libri che appena iniziati ti conducono in un luogo fatto di odori, silenzi, sguardi e sapori; provoca un brivido strano essere immersi in un mondo irreale dove risuona in maniera parfetta la vita, nelle sue sfumature più intime, nelle forme e nei modi che ancora non conosciamo, ma che da sempre ci appartengono. La scrittura di James Sallis circonda il lettore con la sua fisicità, e le sensazioni penetrano per osmosi, le parole si spalmano in bocca e si può sentire un gusto amaro, la dolcezza, il gelo o un sapore bruciante.
Ai margini di una piccola città del Tennessee vive Turner, alle spalle il Vietnam, il lavoro in polizia, la detenzione in carcere e, dopo una laurea, una breve attività come psicologo, prima di svanire tra i boschi del Tennessee. E, all'inizio del romanzo, è esattamente qui che lo troviamo, sulla veranda di una piccola casa vicino a un lago, a cui lentamente si sta avvicinando una jeep, che, passando attraverso una macchia di alberi, fa alzare in volo uno stormo di uccelli:"Gran parte di quegli alberi era lì da quaranta o cinquant'anni. Gran parte di quegli uccelli era lì da neanche un anno, e non vi sarebbe rimasta ancora a lungo. La mia, invece, era una situazione di mezzo".Un vagabondo ucciso seguendo uno strano rituale. Uno sceriffo, custode dell'anima rurale della provincia americana. Valerie Bjorn, dell'ufficio della polizia di stato, amante del blues e delle case vecchie, un'altra anima solitaria sopra un pezzo d'America lontano dalle città e immerso in un silenzio antico. Sono le relazioni che si intrecciano trai personaggi la rete che sostiene il romanzo, ogni nodo stretto con lentezza, con un'attenzione ossessiva ai silenzi che segnano la cadenza più intima della narrazione, capitolo dopo capitolo, con un ritmo ipnotico.
Nato nel 1944 nell'Arkansas, James Sallis, anche musicista, poeta e traduttore, ha scritto con "Il bosco morto" un romanzo che si può accostare a "Prateria" di William Least Heat-Moon (il secondo capitolo di un viaggio attraverso gli Stati Uniti iniziato con "Strade Blu"). E dello splendido libro di Least Heat-Moon può condividire il sottotitolo: "Una mappa in profondità".
Un piccolo spazio e pochi personaggi messi a nudo con una scrittura musicale e poetica. A poco a poco Turner racconta il proprio passato, e copre la cesura tra l'uomo che era e quello che è. In parallelo, a capitoli alterni, si sviluppa l'indagine sull'omicidio. I brani sugli anni passati in carcere hanno lo spessore delle migliori pagine di Edward Bunker, e l'autore riesce a evocare con pochi tratti essenziali un mondo dove "se non sai cosa fare del tempo, saprà lui cosa fare di te".Il racconto di vite, amori, assenze dolorose e silenziose presenze acquista, con lo sfondo di una piccola città rurale, una profondità inconsueta. "Saper perdere è la chiave di tutto, il segreto che nessuno vi rivela mai. Fin dal primo giorno, la vita è un ininterrotto accumularsi di necessità, desideri, paure, dipendenze, rimpianti, rapporti. Ci sono sempre. Ma potete decidere cosa farne. Dar loro una bella lustrata e riporre il tutto su uno scaffale. Nasconderle dietro casa, vicino a un salice piangente. Accatastarle in veranda e sederci sopra. Eravamo proprio in veranda, io e Val".
Con il tono di parole sussurrate tra gli alberi, impregnate di terra e calore, lontano dall'epica nera e tagliente di Cormac McCarthy, più profondo di Crumley e Lee Burke, James Sallis è una voce straordinaria della nuova narrativa americana.

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