sabato 30 maggio 2009

domenica 17 maggio 2009

Nicolai Lilin. Reloaded.

[Questo post nasce da alcune osservazioni fatte a una breve stroncatura del volume “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin su Cabaret Bisanzio consultabile direttamente qui].

Allora: quando leggo un libro (lavoro a volte anche il sabato), spero che sia un bel libro, leggere un libro brutto (ed Educazione siberiana di Nicolai Lilin è un pessimo libro), per me è una grande delusione. Non è invidia: io non sono uno scrittore. Powers, Everett non li conosco, e neppure Denis Johnson o Charles D’Ambrosio, ma hanno scritto capolavori, e non ho problemi a dirlo quindi? Non mi hanno pagato per scriverlo, i loro libri li ho acquistati con i miei soldi. Non è una questione di invidia: se uno scrive un libro pessimo, dove alla struttura paratattica subentra una rete mortalmente noiosa di sottotrame inutili, lo dico, basta, non ci sono altri sentimenti.
Mi interessano tante cose dai saggi di chimica a quelli di cucina, anche la cultura siberiana: però a raccontarla deve essere una persona in grado di scrivere.


Un esempio per capirci sulla questione dello stile e per spiegare perché Lilin non è uno scrittore: se uno ha in mente un’idea davvero originale e strabiliante per il SOGGETTO di un film, ma non sa neppure accendere una telecamera, non si mette a fare il regista. Il risultato, a prescindere dal soggetto, sarebbe pietoso.
Non è che un mattino, uno si alza e dice: “Oggi faccio lo scrittore (o il regista)”. Se non è certo necessario frequentare “scuole”, è però indispensabile aver letto tantissimo e aver scritto molto (tante cose che solitamente finiscono nel cestino). Cronenberg è un regista con anni di esperienza. “Redacted” di De Palma è un capolavoro (usa anche le riprese sgranate delle telecamere di sorveglianza), ma De Palma ha iniziato a fare cinema più di 30 (TRENTA) anni prima che Nicolai Lexotan nascesse. Cito “Redacted” per via dello stile usato, perché alcuni hanno voluto vedere nella prosa di Lilin uno stile “genuino”, ma lo cito anche per i contenuti molto duri. Stilnox Lilin sta già scrivendo il secondo romanzo. Purtroppo nessuno gli ha spiegato che la sua prima prova era buona, al massimo, come esercizio da tenere nel cassetto (e se avesse perso il manoscritto o il cd sarebbe stato anche meglio).
Ora due esempi ideologicamente lontani, ma simili nella sostanza. Massimo Citi, scrittore, editore, libraio ecc. nel suo blog definisce “un mezzo pacco” il libro di Lilin e, oltre a un’attenta critica etica dei contenuti, dichiara:
Lilin vive in Italia da qualche anno e, teoricamente, ha imparato la nostra lingua abbastanza da scrivere un libro di 300 pagine.«Ma per chi ci prendete?», viene voglia di chiedere ad alta voce.”.
Paolo Bianchi su "Il Giornale" esprime un parere forse più negativo e sarcastico, ma il succo è quello.

Per riprendersi... un video dei Camera Obscura dal loro ultimo, splendido, album, "My Maudlin Career" (e una citazione da Charles D'Ambrosio che, a differenza di Lilin, è uno scrittore):




Mi sentivo come una marea che saliva insensatamente contro il frangiflutti di decenza che mio padre aveva eretto con la sua vita. Mi tornò il panico, mi mancò il fiato. Mi vedevo correre per il quartiere, affannato, sbuffante, e pensai a come mi sentivo lontano dalla felicità, eppure… correvo fino a riempirmi i polmoni, quasi che l’eccitazione stessa li gonfiasse come mantici, e il cuore mi batteva fino a scoppiare, le gambe mi facevano male, la pancia pompava e succhiava aria fredda e umida, correvo fino a che il sangue non mi batteva nelle orecchie e anche ora, seduto sulla veranda dietro casa a bermi una birra con papà, ancora sentivo quel rumore, ancora sentivo il rumore dell’essere vivo”. Charles D’Ambrosio, 1995 (trad. M. Testa, Minimum Fax).

sabato 16 maggio 2009

Real World di Natsuo Kirino

Il mondo reale è tutto quello che è al di là della vita come è ora. Quattro ragazze, uno studente che uccide la madre e poi fugge e coinvolge nella sua storia Toshi, Yūzan, Terauchi e Kirarin. Natsuo Kirino usa i punti di vista dei vari personaggi costruendo una storia lineare e insieme approfondendo i lati in ombra celati dalle ragazze e dallo stesso matricida. Tutti hanno segreti. Tutti mentono. L’analisi del romanzo è un breve condensato di vita sociale giapponese. La lotta per il primato, gli esami di ammissione alle università (che contano più della laurea stessa e che possono spesso decidere una vita), e il mondo. Il mondo reale è quello che si contrappone alla finzione, ma è anche molto personale. “Benvenuti nel mio real world” dice Terauchi. Oppure: “Ti porterò con me in un mondo diverso” con le parole del matricida. E’ il contrario della finzione: qualcosa che nella società giapponese si può avvicinare alla morte, all’irreparabile. Il testo è fornito di un ottimo glossario e di poche, ma essenziali note. "Real World" è un breve romanzo dove il noir si unisce alla critica sociale e al romanzo di formazione, con intensità, ma anche con toni silenziosi, quasi dimessi.

mercoledì 6 maggio 2009

Letteratura ed etica: a piccoli passi verso il nulla.

Il signor Palomar spera sempre che il silenzio contenga qualcosa di più di quello che il linguaggio può dire. Ma se il linguaggio fosse davvero il punto d’arrivo a cui tende tutto ciò che esiste? O se tutto ciò che esiste fosse linguaggio già dall’inizio dei tempi?”, Italo Calvino.

La narrativa era la mia lingua etica”, James Ellroy.

Credo che la narrativa, o forse meglio la letteratura contenga sempre una funzione etica: non solo riposta nelle parole, ma anche nella mente che sceglie di leggere quelle determinate parole. La scelta implica l’espressione di un valore etico. Il fatto che capolavori come “Albero di fumo” di Denis Johnson o “Il fabbricante di eco” di Richard Powers, oppure un classico come “Cutter e Bone” di Newton Thornurg siano, nel nostro paese, relegati a vendite minime e destinati a una difficile reperibilità, mentre Margaret Mazzantini (faccio solo un esempio), le cui opere non sono neppure buone per foderare la lettiera del gatto (ci ho provato), venda centinaia di migliaia di copie, ecco, questo fatto ha un significato etico evidente, che non credo sia necessario spiegare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, sebbene molti occhi non riescano a vedere oltre il proprio naso.

domenica 3 maggio 2009

“Cenere d’uomo” di Nicholson Baker

Cenere d’uomo” termina il 31 dicembre del 1941. Baker procede accumulando notizie. Churchill che approva l’uso di bombe a base di gas sulle tribù dell’Iraq (era allora a capo della Royal Air Force). Franklin D. Roosvelt che vuole ridurre il numero delle matricole di origine ebraica a Harvard. L’uso delle fonti, lunghissimo l’elenco finale, è fatto in modo tale da costruire una marcia inesorabile verso la Seconda Guerra mondiale.
In punta di piedi, attraverso il documento e la sua manipolazione per ottenere un racconto, Baker arriva alla non-fiction in veste romanzesca.
Gli Stati Uniti si dimostrano un punto di snodo fondamentale per il loro ruolo su entrambi i fronti, europeo ed asiatico.
Negli anni Trenta gli U.S.A. hanno fornito aerei e tecnologia aeronautica a Inghilterra, Cina, Giappone e Germania.
Gli anni precedenti il pericolo hitleriano erano quelli del pericolo bolscevico e spesso la questione si mescolava al problema ebraico. Non è un mistero che la soluzione di un insediamento di una nazione ebraica in Madagascar o nell’Africa del Sud era stata affrontata sia dagli Stati Uniti, sia dall’Inghilterra. L’insediamento finale fu, per dirla con le brutali parole di un altro romanziere, “l’insediamento nell’atmosfera” (T. Krol, “Gli uomini delfino“).

Nel 1938 il Giappone acquistò in America 29 Lockheed Model 14 e ottenne il permesso di produrne delle versioni modificate. Il Model 14 era un aereo da trasporto, ma costruttori e acquirenti sapevano che quello che meglio avrebbe potuto trasportare sarebbero state bombe. Nel catalogo della Lockheed il Model 14 è definito “un’arma formidabile per una tattica di attacco o di difesa“.
Era il maggio del 1938″.
La cadenza delle date ricorre in ogni paragrafo a segnare il ritmo.
Dopo la Notte dei Cristalli non esistono più scuse. La Kristallnacht rappresenta il punto di svolta attorno al quale si annodano le sorti di più di un continente. Per Goebbels essa servì “per cristallizzare l’antisemitismo tedesco“.
Non fu tanto l’assenza di risposte, quanto l’assenza di volontà a trovarne ciò che segnò in maniera definitiva l’inizio della fine. Quando Franklin Delano Roosvelt impedì al progetto di accogliere profughi ebrei al di sotto dei 14 anni (al di fuori delle normali quote di immigrazione) di realizzarsi “era il 2 giugno del 1938″.

Il Castello di Hartheim fu uno dei luoghi principali di pulizia genetica dell’Aktion T4. Malati di mente uccisi e bruciati. L’abbrutimento del personale era uno dei problemi da affrontare: nuove misure, meno gravose per gli incaricati, saranno studiate dalle SS per risolvere il problema dell’eliminazione di numerosi soggetti durante l’avanzata verso Est. Lo Zyklon B sottoforma di cristalli fu per la prima volta impiegato per eliminare i pidocchi dagli abiti…

Il mondo vive immerso nelle informazioni. E Baker ritaglia frammenti. Centrifuga la Storia in una materia vischiosa. I ritagli di Nicholson Baker acquistano, col procedere della lettura, uno spazio doloroso nella mente del lettore.
Le atrocità sono state raccontate. Altrove. “Cenere d’uomo” è un libro dedicato a chi ha cercato, senza riuscirci, di evitare l’escalation della guerra e di salvare le vite dei profughi e non solo. Non è l’efferatezza dello sterminio, di cui si intravedono gli oscuri inizi, il tema centrale, argomento del libro è tutto il resto.
Baker si fa strada attraverso un complesso e non funzionale elenco di eventi. E’ tutto immerso in un caos apparente. E proprio questa “apparenza” è resa in modo perfetto da Nicholson Baker. Il racconto possiede una forza che è data dalla capacità di scegliere e seguire con un ritmo serrato gli eventi. Dall’offensiva della Royal Air Force in Iraq alle peregrinazioni della famiglia Susser: tutto è importante. Tutti i passi per arrivare di fronte ai cadaveri dilaniati dalle bombe, di fronte alle docce, ai forni. "Il titolo del libro deriva da un’espressione di Franz Halder, un riottoso, ma condiscendente generale di Hitler. Halder, durante un interrogatorio, disse che, quando fu rinchiuso ad Auschwitz, verso la fine della guerra, vide fiocchi di cenere portati dal vento nella sua cella. E li chiamò cenere d’uomo".