domenica 11 novembre 2012

Lo Stato Sociale, Turisti della Democrazia

Se poi parliamo di bisogni è diverso
vedrò di spigartelo bene
se poi parliamo di bisogni è diverso
vedrò di spiegartelo nel prossimo verso
il lavoro debilita l'uomo

Ma chi sei?
Cosa vuoi?
Cosa valuti?

"I soldi non fanno la felicità, dalli a noi! Diventa nostro produttore in cambio di ricompense discutibili". E sì, le magliette forse messe al contrario (ma proprio al contrario) si possono guardare... Stampatemi la copertina su una t-shirt di cotone!
http://www.musicraiser.com/projects/62-turisti-della-democrazia-deluxe-ed

domenica 2 settembre 2012

La narrativa italiana che non legge quasi nessuno

Città distrutte (Sei biografie infedeli) di Davide Orecchio

…come un piede all’orma che deposita, come un urlo all’eco che ha lanciato”.

Biografie infedeli. L’infedeltà è l’immaginazione del racconto che crea i collegamenti mancanti nelle vite delle persone, ricostruite sulle base di una solida documentazione. Davide Orecchio esplora non solo le vite, ma anche i luoghi: “la storia è fatta di città distrutte e poi ricostruite”. In queste città vivono i personaggi/persone che l’autore racconta con uno stile preciso e insieme visionario, perché per ridare vita ai morti, farli parlare e agire serve un breve lampo che squarci il fumo-polvere-tenebre avvolto attorno ai nomi scomparsi. Nominare. Raccontare. Sognare le vite e disseppellirle. “Città distrutte” è un’opera di grande rigore, forza ed empatia. Qualcosa nello stile ricorda Pavese, una musicalità nella cadenza e nella scelta delle parole, come in “Dialoghi con Leucò”: attraverso il racconto, le vite svelano radici mitologiche, perché infedeli, illuminate e misteriose. L’autore compare, a volte, con una dichiarazione di poetica, un’ulteriore chiosa al testo/biografia: “Ho a che fare con uno stato d’animo, altrimenti come spiegare questa biografia che da una riga all’altra accumula anni, dove l’ultima delle linee è soverchiata dalla catena dei fatti[…]? E tutto in poche pagine, non come accadde ma come fu ricordato e ora scrivo. Lo chiamo un anno ma dura il tempo di annotarlo (anzi non è tempo, è un gesto)”. Straordinaria è la prosa lirica che contraddistingue la biografia, ampiamente infedele, di Andrej Tarkovskij. Le citazioni in epigrafe al racconto avvertono subito il lettore sul soggetto della biografia, ma i due personaggi, quello creato da Orecchio e Tarkovskij “iniziano a somigliarsi dopo i vent’anni”. Attraverso l’invenzione il lettore può sperimentare l’emozione della narrativa, della storia immaginata e anche ritrovare il grande regista russo. Districare i fili delle biografie infedeli non è opera semplice e neppure da prendere in considerazione; bisogna abbandonarsi alla letteratura. Le parole rotolano sulla lingua, dapprima come semplici suoni, poi immagini, ombre, notti insonni, desideri, morte, speranze, vizi assurdi. Le maglie della rete-racconto raccolgono i collegamenti: il resto è poesia che lega tutto nell’opera che si ha tra le mani, testimonianza di testimonianze e magico incontro tra le parole, come trai personaggi e le persone.

Un altro intervento dell’autore. “[…] ma ho fretta come se domani il mondo finisse, le mie piante morissero, il gatto scappasse di casa, la casa crollasse con tutti i suoi libri e la musica, i progetti s’incenerissero dalla mezzanotte e perdessi la memoria e tutte queste sciagure potessero evitarsi solo a una condizione: chiudere con Migliorisi”. E poi scopriremo che Pietro Migliorisi è, o potrebbe essere, Alfredo Orecchio; il sangue come un filo rosso che si avvolge e tende allo strappo, mentre l’autore lo dipana con foga e insieme rassegnazione. Le microfratture nella vita degli individui sono crepe che si diramano in più direzioni e l’autore le segue, facendo scorrere la penna come fosse un’estensione tattile delle dita, del senso più fisico e diretto perché implica il contatto.

Davide Orecchio, “Città distrutte. Sei biografie infedeli”, pp. 238, 15,50 euro, Gaffi editore, Roma, 2011.

domenica 24 giugno 2012

Il padre d'inverno di Andre Dubus

La narrativa di Andre Dubus ha un'estensione quasi sconfinata in ampiezza e profondità. Davanti a noi possiamo avere padri, mariti, figli, amanti, mogli, uomini, donne o bambini: tutto. Perché i racconti di Andre Dubus sono narrazioni che partono sempre dalle persone e dai loro rapporti. L'oggetto dell'arte, per Dubus, è la vita umana.

Ormai, grazie ai tre volumi pubblicati da Mattioli, un piccolo pezzo del cuore di Dubus è arrivato anche in Italia. Fin dal racconto d'apertura ("Killings" da cui Todd Field ha tratto il film "In the Bedroom") è chiaro che la prima parte del volume è avvolta da una sfumatura oscura: l'omicidio compare, declinato in varie forme dalla vendetta alla rabbia, in tre racconti. Per Andre Dubus, lo scrutare nell'oscurità si solleva verso dimensioni universali partendo dai punti di vista di pochi personaggi ben delineati nella loro unicità. D'altronde il cervello è l'organo più essenziale e affascinante e pochi scrittori come Dubus sono in grado di creare personaggi dotati di una mente. Troviamo in due racconti, "St. Croix" e "Il padre d'inverno", lo stesso protagonista colto in momenti diversi, a unire la narrazione un amore paterno raccontato attraverso parole che diventano una sorta di prosa poetica che ci trasmette una tenerezza struggente e mai artificiosa: quasi un miracolo. E' stato James Crumley (citato nella postfazione) a dire: "Hemingway e Faulkner hanno scritto, probabilmente, cinque racconti a testa che possono essere considerati capolavori. Andre Dubus ne ha scritti una ventina".

Immersi nella vita (o nella morte), i personaggi di Dubus si incrociano attraverso la narrazione come in un paesaggio dotato di più dimensioni del mondo reale. La letteratura, quando è vera, riesce a restituire al lettore gli infiniti particolari sfuggenti dell'esistenza, il senso profondo dei ricordi o dei rimpianti, il sordo bisbiglio della mente (nel suo continuo pensare, rivivere, rielaborare), lo spiraglio di una porta socchiusa che ci accompagnerà fino alla morte.

giovedì 9 febbraio 2012

Bocephus King, Willie Dixon God Damn!

Non conoscevo il cantautore di Vancouver e, come si fa di solito cerco notizie; bene, un link con la discografia sembra promettente, peccato che l'ultimo album citato risalga a circa 7 anni fa (All the children believe in Heaven).
Sarò brevissimo:
Willie Dixon God Damn! è quanto di meglio abbia ascoltato da mesi e mesi, con buona pace di Mojo e delle sue classifiche (Horrors? Sub-U2 plus Depeche Mode al secondo posto?).
C'è chi riascolta le stessa musica con nomi diversi e chi crea una musica essenziale in ogni battuta. Niente poteva essere diverso. Non lo avete: ordinatelo e in due giorni vi arriverà a casa.

domenica 29 gennaio 2012

Il Sabba di Maurice Sachs

Leggendo Maurice Sachs ritrovo alcune sensazioni che mi riportano indietro nel tempo, ai Nutrimenti di Gide o anche ad A rebours di Huysmans. In particolare, nella narrazione del periodo in seminario, Sachs ricorda Des Esseintes. Nella spoglia cella monastica Maurice Sachs, deprevato, truffatore, bugiardo, ozioso, debole ecc. (tutte caratteristiche attribuitegli da parenti o semplicemente ammesse dallo stesso autore), nella cella, dicevo, Sachs riesce a trovare un'estetica quasi sensuale. Ed ecco spuntare Huysmans, che secondo Barbey d'Aurevilly dopo "Controcorrente" avrebbe solo potuto scegliere "tra la bocca di una pistola e i piedi di una croce" e infatti optò per la seconda scelta. Penso, non mi spiego bene il motivo, anche a James Daunt, che è riuscito a mantenere in attivo le proprie librerie dal fascino antico e che si basano su un personale laureato, competente e molto intuitivo (in effetti per capire la signora che chiede il libro con la copertina gialla e parla di due sorelle ambientato in Oriente ecc. non basta la cultura). Le librerie di Daunt fatturano circa dieci milioni di sterline e, nel Regno Unito, Amazon non è costretta a limitare gli sconti come in Italia... eppure Daunt sopravvive, e bene. Qui, in questa nazione, le librerie indipendenti falliscono, ma accade lo stesso anche in Inghilterra e non solo alle librerie, soprattutto negli ultimi due anni.
"Il Sabba" di Sachs è un libro che dovrebbe essere trattato da un libraio competente e con le abilità del vero libraio venderebbe molte copie (anche in Italia, basti pensare a quanto può rimanere nella classifica dei volumi più venduti un testo ostico e dai mille significati come 1Q84). E' una bellezza fragile, quella delle parole di Sachs. Il testo impone un radicale cambio di prospettiva e una rinascita nel mondo della letteratura francese nel primo dopoguerra. L'orgue-à-bouche di Des Esseintes è un'altra immagine che ritorna alla memoria. Aver conosciuto questi autori (Balzac, Flaubert, Stendhal, Zola, Gide, Huysmans, Camus e altri) alla stessa età in cui Sachs studiava Racine e scopriva Les Nourritures terrestres è il sigillo del mio pensiero; su qualsiasi evento. Tutto ciò è stato aiutato dall'unico docente che abbia conosciuto con una reale cultura letteraria, e, quindi, dall'unico docente che merita di essere retribuito (insegnava -e probabilmente lo fa ancora- le materie umanistiche negli anni del ginnasio, quando questa parola aveva un senso). Fuori nevica, ma tutto si va affievolendo, insieme alla luce, e, forse, il cielo si aprirà nella notte quando le parole di Sachs risuoneranno di nuovi significati, smorzati dal silenzio ovattato che segue l'ampio manto di neve.