venerdì 23 luglio 2010

Stornoway, Zorbing

Conkers shining on the ground,
The air is cooler
And I feel like I just started uni
Walking backwards to my van
You're at your window,
And I'm tripping every time I think of

Lying in your attic
I can feel the static
The storm has broken, Heavens open

Send my body out to work
But leave my senses
In orbit over south east London
Wind the window down and pinch
Me on the shoulder
Whilst I'll be driving off to dream of

Lying in your attic
I can feel the static
The storm has broken, Heavens open
So electrifying, Oh I'm nearly flying
Lost my heart between the sheets of lightning

I've been singing you this song,
Inside a bubble,
Been Zorbing through the streets of Cowley,
We were always meant to be,
Zorbing together, And I think its high time we started

Lying in your attic
I can feel the static
The storm is breaking, windows shaking
So electrifying, Oh I'm nearly flying
Lost my heart between the sheets of lightning

Lying in your attic
I can feel the static
The storm has broken, Heavens open
So electrifying, Oh I'm nearly flying
Lost my heart between the sheets of lightning

martedì 20 luglio 2010

Distanze. Punto Omega, Don DeLillo



"Era così il deserto, lontano, oltre le città e i paesini sparsi. Lui era lì per mangiare, dormire e sudare, era lì per non fare niente, per stare seduto e pensare. C'era la casa e basta, poi solo distanze, niente scorci panoramici nè vedute a perdita d'occhio, solo distanze".

Punto Omega è un libro che parla di molte cose, questo lo dico subito, in contrapposizione a chi ha detto che non parla di niente.
Parla, in modo non chiassoso, nè invadente.
Parla e riesce - come sempre riesce DeLillo - a condensare concetti di portata enorme in una manciata di righe. La scelta delle parole evoca spunti, direzioni.
Elster e Jimmy, il vecchio e il giovane, prendono entrambi - in modo diverso - le distanze dal mondo, da situazioni che non sentono più appartenere loro.
C'è una sorta di quieto adagiarsi, delle parole, delle esperienze. Non immobilità, ma quiete.
DeLillo riesce a comunicarci il suo disappunto verso la gestione americana del conflitto, riesce a comunicare spaesamento, perdita di identità, volontà di annullamento, il tutto senza alzare la voce, senza mettere in modo cataclismi, tragedie.
Come già aveva dimostrato Durrenmatt in un libro completamente diverso, "La promessa", la quiete può essere - a volte - terrificante. Alienante. Paralizzante. Cose in potenza di succedere. In attesa.
Jimmy come un buco nero.
"Mia moglie una volta mi disse: - Cinema, cinema, cinema. Se fossi ancora un pò più denso saresti un buco nero. Un fenomeno, - disse. - La luce non ha via d'uscita".
Nel prologo Jimmy ed Elster osservano l'installazione "24 hour Psycho", che lo stesso DeLillo ha visitato nel 2006.
Il film dilatato, due fotogrammi al secondo, 24 ore di durata.
Di nuovo, quiete, lentezza.
Tutto appare più chiaro ed al contempo distante, irreale. Un grido dura per un tempo che appare infinito, e diventa così metafora di se stesso, diventa teatrale, al limite dell'assurdo.
E ancora:
"-L'haiku non significa nulla oltre quello che è. Uno stagno d'estate, una foglia d'inverno. E' la coscienza umana calata nella natura. E' la risposta a tutto in un determinato numero di versi, un conto sillabico prestabilito. Io volevo una guerra formato haiku, - disse. - Volevo una guerra in tre versi. Non era questione di livelli di potenza o di logistica. Quello che volevo era una serie di idee legate a cose transitorie. Questa è l'anima dell'haiku. Svelare ogni cosa alla vista. Vedere quello che c'è ed essere pronti a guardarlo scomparire."
Punto Omega è una lettura complessa e semplice allo stesso tempo. Possiamo semplicemente lasciare che immagini e parole si posino lente sulla superficie della nostra mente, o possiamo farle rimbalzare come palline impazzite nel tentativo di trovare loro una collocazione che ci dica: "Ecco, è fatta".
Ma una collocazione non c'è.
Questo è ciò che ho percepito.
Non c'è collocazione, nè conclusione, nè quella sorta di pace che tutti agognamo.
Solo un lento, incessante scorrere.

martedì 13 luglio 2010

Conversation 16

I think the kids are in trouble
I do not know what all the troubles are for
give them ice for their fevers
you're the only thing I ever want anymore
we'll live on coffee and flowers
try not to wonder what the weather will be
I figured out what we're missing
tell you miserable things after you are asleep

now we'll leave the silver city
cause all the silver girls gave us black dreams
leave the silver city
cause all the silver girls
everything means everything

it's a hollywood summer
you never believe the shitty thoughts I think
we had friends out for dinner
when I said what I said I didn't mean anything
we belong in a movie
try to hold it together till our friends are gone
we should swim in a fountain
I do not want to disappoint anyone

now we'll leave the silver city
cause all the silver girls gave us black dreams
leave the silver city
to all the silver girls
everything means everything

I was afraid I'd eat your brains
I was afraid I'd eat your brains

Cause I'm evil
Cause I'm evil

I'm a confident liar
Have my head in the oven so you know where I'll be
I try to be more romantic
I wanna believe in everything you believe
I was less than amazing
I do not know what all the troubles are for
I fall asleep in your branches
you're the only thing I ever want anymore

now we'll leave the silver city
cause all the silver girls gave us black dreams
leave the silver city
to all the silver girls
everything means everything

I was afraid I'd eat your brains
I was afraid I'd eat your brains

Cause I'm evil
Cause I'm evil
Cause I'm evil


Una lunga strada da fare di Peter S. Beagle

Il tempo passa e il resto va

New York San Francisco. Primavera 1963.
Sempre intatti dentro questo libro”.

Phil e Peter partono da New York, attraversando un’America sulla soglia della caduta; nel viaggio si consumerà il rito di passaggio all’età adulta. Il viaggio è oltrepassare alcune soglie, e spesso, troppo tardi, ci si accorge che non si può tornare indietro.
Nell’essenziale e dolorosa postfazione, il racconto di viaggio è messo in prospettiva. Peter S. Beagle perderà il suo amico Phil: per oltre vent’anni non si parleranno. Codardia, impossibilità di scegliere, e in ultimo responsabilità: una nuova vita chiede una dedizione totale, altro che l’eroina di Lou Reed.
Anch’io non parlo con un amico da più di dieci anni. In effetti era parecchio pallido l’ultima volta che lo vidi. L’areazione non è il massimo quando sei su un tavolo di marmo del dipartimento di medicina legale. Probabilmente da allora sono una persona peggiore e migliore allo stesso tempo.
Una grossa fetta di mondo (persone appese a fragili menzogne incluse) non sembra più esistere. Credevamo. Non so bene in cosa, però. Sicuramente era obbligatorio ridere, tentando un tiro da tre punti, sospesi a mezz’aria. E tanti libri seriosi, stupidi, completamente falsi suscitano ora quasi compassione, mentre un tempo sarebbero stati materia di scherno. Era tutto uno scherzo. L’esame di maturità, una passeggiata. La tabella coi risultati veniva appesa, mentre noi eravamo tra Calais e Dover.
Spero che Beagle non si offenda. Anche il suo libro comprende ampie divagazioni. Gli scooter, Jenny e Couchette (ognuno chiama le cose come gli pare), sempre sul punto di rompersi (soprattutto Jenny), sono le macchine del tempo di Peter e Phil. E’ il 1963, passeranno più di quindici anni prima che William Least Heat-Moon scriva il suo capolavoro “Strade blu”, ma soprattutto è primavera, e il novembre di Dallas, della collina del killer, di Kennedy, l’inaugurazione della caduta dell’America sembra distare secoli.
In fondo tutti i libri sull’amicizia (e tralasciamo i versi di Omero) sono sempre qualcosa d’altro. Penso a “Il lungo addio” di Raymond Chandler, ma anche a esempi più recenti, come il rigurgito di Craig Silvey, “Jasper Jones” (tradotto perché in Australia è arrivato in alto nella classifica delle vendite, e allora spero che l’Australia sia invasa dai libri di Gramellini e Geda). Anche Peter vuole raccontare di più. E lo fa.
E’ sempre il giorno dopo domani quello che inseguiamo e di cui abbiamo paura”.
A S. in memoria: alla fine mi sono fermato.

Peter S. Beagle, “Una lunga strada da fare. New York San Francisco. Primavera 1963” (ed. or. 1965), pp. 279, 18 euro, Mattioli 1885, 2010.