sabato 3 maggio 2008

Il mago dei numeri. Primi.


Il romanzo d’esordio di Paolo Giordano parla di due solitudini programmaticamente inconciliabili: non esistono numeri primi contigui, al massimo vi sono i numeri primi gemelli: “coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero”. In una metafora questa è la vita di Alice e Mattia, entrambi segnati in modo speculare da un trauma infantile. Il romanzo è stato accolto con favore da pubblico e critica che vi hanno visto il racconto di formazione e la storia di due giovinezze.La cosa che più colpisce nel libro è la totale assenza del tempo e del luogo. Il primo è confinato a puro trascorrere, emarginato negli anni inseriti tra parentesi all’inizio delle sette (numero primo) parti che compongono l’opera. I luoghi sono una materia amorfa, una cristallografia ai raggi X darebbe un risultato desolante. La città è Torino (come si evince da alcuni riferimenti toponomastici), ma potrebbe essere una qualsiasi altra città. Quando si parla di un altro luogo questo diventa un’Università del Nord Europa (neppure una nota del SISMI riuscirebbe a essere più evasiva). L’autore ha voluto in questo modo porre in primo piano la storia intima dei due protagonisti, rendendola in qualche modo assoluta, purtroppo alla lunga questo teatrale deserto che avvolge i personaggi risulta artificiale e tedioso.Un romanzo deprimente, e intendo una depressione quasi fisica non una malinconia alla Silverberg. Un romanzo frutto del lavoro dell'editor, dai dialoghi levigati, dove nel titolo sta la fine, una struttura circolare, in cui la ricerca dell’assoluto conduce al fallimento sia i protagonisti, sia l’autore.

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