“Arraffiamo di tutto e vendiamo di tutto, uomini inclusi. Noi siamo il futuro e nessuno ci fermerà”.
Tra masconi, coffe di trinchetto e terzaruoli si srotola l’erudita narrazione di Valerio Evangelisti. Sullo sfondo le complesse manovre politiche europee (è il 1685), in primo piano orzate, arrembaggi e scontri di pirati. “Tortuga” è un libro di avventure senza troppe pretese. Le derive sociopolitiche sono lasciate al chirurgo sadico De Lussan, ma occupano, fortunatamente, mezza pagina in tutto.Il resto è intrattenimento di buona fattura. Evangelisti non rinuncia a nessun vezzo: compare anche una versione in nuce della canzone Bamba: “Yo no soy marinero, soy capitán” ribadisce De Grammont prima dell’attacco. Personaggi ben delineati. Anche se la figura del gesuita dal torbido passato ormai puzza di vecchio, Rogerio, il protagonista, è un utile aggeggio narrativo per scorrere veloci sulla trama. Romanzo dalle dimensioni contenute e su cui mi pare inutile sprecare altre parole. Un esercizio riuscito, di cui non si sentiva la mancanza.
Tra masconi, coffe di trinchetto e terzaruoli si srotola l’erudita narrazione di Valerio Evangelisti. Sullo sfondo le complesse manovre politiche europee (è il 1685), in primo piano orzate, arrembaggi e scontri di pirati. “Tortuga” è un libro di avventure senza troppe pretese. Le derive sociopolitiche sono lasciate al chirurgo sadico De Lussan, ma occupano, fortunatamente, mezza pagina in tutto.Il resto è intrattenimento di buona fattura. Evangelisti non rinuncia a nessun vezzo: compare anche una versione in nuce della canzone Bamba: “Yo no soy marinero, soy capitán” ribadisce De Grammont prima dell’attacco. Personaggi ben delineati. Anche se la figura del gesuita dal torbido passato ormai puzza di vecchio, Rogerio, il protagonista, è un utile aggeggio narrativo per scorrere veloci sulla trama. Romanzo dalle dimensioni contenute e su cui mi pare inutile sprecare altre parole. Un esercizio riuscito, di cui non si sentiva la mancanza.
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