“Dopo lunga e penosa malattia”. Questo il titolo. Penosa, ma non lunga la narrazione di Andrea Vitali. “Il Lonati” medico condotto, come l’autore, è il protagonista di questo romanzetto. In pochi rapidi capitoli si dipana il mistero riguardante la morte del notaio Galimberti. Ambientato a Bellano sul Lago di Como, in novembre, il finto giallo di Andrea Vitali è contaminato dalla noia del clima, probabilmente.
La scrittura monocorde è il vessillo di una letteratura logora, lisa, simile a un vecchio maglione che non vorreste indossare e il cui ricordo avevate rimosso. “Dopo lunga e penosa malattia” ricicla poche idee, non siamo nel campo della sperimentazione. Il Vitali sposa una lingua cadaverica per raccontare una storia davvero penosa.
Un libro così lo frantumerei con una chiave inglese o una pinza… tanto per ricordare lo splendido romanzo di Andrea Cisi, “Cronache dalla Ditta”, ché la letteratura in Italia è viva e “vitale”, ma il mercato spesso illumina il peggio. Troppe volte il numero di copie vendute è un avviso ai naviganti: il segnale certo del pericolo.
Anche se il Vitali usa, in alcuni passaggi, assonanze e strutture ritmate che rimandano alla poesia, il risultato delude. “I profili delle montagne erano netti come denti incisivi”.
Il Vitali ha abborracciato un raccontino per Natale. L’editore ha aumentato il numero delle pagine: i capitoli di quindici righe non hanno altra spiegazione. In totale abbiamo 165 pagine ulteriormente gonfiate a 184. Una comoda misura per i regali natalizi. Il prezzo è contenuto come la prosa che deve vendere. Un’opera (od operazione) patetica.
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