
E’ chiaro che il tempio del sistema alimentare, ovvero il supermercato, sia qualcosa di più di quello che appare. Superati i primi imbarazzanti capitoli, “I padroni del cibo” si accende di una fiamma insospettata: pur non scrivendo una capolavoro, Raj Patel riesce ad accendere idee nuove, trasformare le percezioni che abbiamo di eventi banali come il movimento di un carrello della spesa.
Abbandonato alla sua inerzia il trabiccolo di metallo è un cigolante reliquario di cosa? Bene, questo sta a noi deciderlo.
“Non puoi disistruire le persone che hanno imparato a leggere”
Cesar Chavez (1927-1993).
Il reportage giornalistico ha spesso originato capolavori della saggistica, penso a Pollan o a Schlosser.
Se “Fast Food Nation” è stato una sorta di atto fondante per l’analisi del cibo e del nostro rapporto con gli alimenti, i libri che lo hanno seguito non sempre si sono dimostrati altrettanto validi. Patel è un docente universitario. Probabilmente le sue saranno lezioni interessanti, ma poiché non ho intenzione di frequentare un corso alla KwalaZulu-Natal University, non credo che lo saprò mai. La prima parte del libro è deludente. Si può riassumere con “multinazionali cattive, cattive”; se avete un’idea delle azioni della Monsanto, del concetto di biopirateria, allora vi conviene leggere mooolto velocemente. Raj Patel non è uno scrittore e si vede, ma naturalmente questo è un saggio ed è rilevante parlare delle informazioni che fornisce. Nella seconda metà, trattando argomenti meno volatili, Patel riesce ad essere proporzionalmente meno soporifero. Il Movimento dei contadini senza terra, la politica di Wal-Mart o di Carrefour, il brevetto del primo supermercato offrono spunti davvero interessanti. La nuova tecnologia EPC è incredibilmente diabolica, il libro ve ne offre un’anteprima. Anche nell’analizzare il movimento di Slow Food, Patel evidenzia il punto cruciale: ovvero consentire attraverso una salario decente l’accesso ad alimenti salutari da parte di fette più ampie di popolazione. Quando Carl

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