
L’autore è arrivato alla scrittura tardi. E’ nato nel 1954 e questo libro è il suo esordio (sebbene molti racconti siano apparsi su varie riviste). “Knockemstiff”, altrimenti nota come il Buco, è il luogo dove il narrare prende forma. La cartina che apre il libro indica i contorni e i punti principali attraverso i quali Daniel Ray Pollock si muove con i movimenti di un pugile. Ora leggero, o con la guardia ben sollevata, ora fuori tempo oppure steso a terra.
Non è un ambiente rurale placido e sorridente, l’Ohio del Sud di Knockemstiff suona più come una condanna a vita, una vita di lattine di birra, di lattine di maiale e fagioli, di rimasugli di carne, di sangue rappreso, di alcol e anfetamine e ancora di lattine, quello che non manca sono le scatole in latta. L’abilità di Pollock è che, come pugile-narratore, riesce, e spesso, a piazzare quel colpo inaspettato, oppure atteso, ma perfetto, in grado di mandare il lettore knock-out.
Il Buco appare in tutti i racconti come un centro gravitazionale che lega i personaggi: questi non riescono a spostarsi che di pochi chilometri. Un ragazzo in fuga finisce in un vecchio trailer non troppo distante da casa. L’autore stesso si è allontanato, da Knockenstiff dove è nato, di qualche decina di miglia appena: ora abita a Chillicothe. Il bello è che quasi tutti nei suoi racconti sembrano voler fuggire, il problema è che in qualche modo, rimangono legati a questo luogo, una sorta di specchio dell’anima. La fuga vera è da se stessi, e quella è un’impresa troppo ardua da compiere.
Esiste un tempo dell’innocenza, ma per alcuni è davvero molto breve: Bobby che sente il sapore del sangue della sua prima rissa (in cui è stato trascinato dal padre) oppure i due fratelli sorpresi in una strana adorazione di Dio al Dynamite Hole (e al cospetto di Dio giungeran

Donald Ray Pollock, “Knockemstiff”, (ed. or. 2008), pp.216, 16 euro, Elliot, 2009.
1 commento:
Ottima segnalazione. I racconti, i racconti memorabili scarseggiano.
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