"Siamo le cose che ci accadono, la gente che abbiamo conosciuto, e niente di più”.
La scrittura di Sallis è, come sempre, limpida e ricca, ogni riga deve condensare un’emozione, sia essa un ricordo, un odore o un suono. Il genere noir riscritto da Sallis diventa un viaggio nelle pieghe delle cartine autostradali, nelle città di poche anime in zone sperdute del Tennessee (oppure dell’ormai defunta New Orleans, nel caso dei romanzi di Lew Griffin).
“Anche qui, nel Sud, le città più importanti di un’area metropolitana diventano sempre omogenee, una lunga balbettante catena di McDonald’s, KFC, Denny’s, mentre le caffetterie e i ristoranti del posto si aggrappano alle periferie come se la forza centrifuga li stesse scagliando sempre più lontano. Al giorno d’oggi mi scopro a dovermi calare negli habitat cittadini per gradi: proprio come un subacqueo che risale in fase di decompressione, solo che io vado a fondo”.
“La strada per Memphis” (“Cripple Creek”, 2006) riprende trama e protagonista, e io narrante, di “Cypress Grove” (“Il bosco morto”).
Turner può apparire la classica figura del detective problematico in fuga da un passato oscuro. Non è solo questo. L’apparenza inganna. L’apparenza è un abito comodo per far muovere il personaggio all’interno della trama noir. Come spesso accade la bellezza (e la differenza) è nei particolari: la struttura musicale della prosa di James Sallis si mantiene sempre intatta. Anche in “Cripple Creek”.
La struttura poliziesca (mafia, denaro rubato, vecchi colleghi, vendette) serve a intrecciare una storia che non vuole essere altro che il racconto a ruota libera di John Turner e della sua vita. L’arrivo della figlia, il rapporto con Val e con le persone conosciute acquistano l’aspetto di piccoli quadri in un disegno più vasto e incompiuto. Nella narrazione s’inseriscono spesso i ricordi delle esperienze di Turner come terapista (si è laureato in psicologia mentre era in carcere, dopo avere sparato a un suo collega poliziotto, ma questa è una storia lunga). Insomma “Cripple Creek” è uno straordinario insieme di riflessioni, pause, accelerazioni, una rappresentazione dei battiti di un cuore, e, in definitiva, della vita in generale.
Nella postfazione, Tiziano Gianotti esamina con cura la scrittura di James Sallis, ma il punto migliore rimane la sua breve citazione dell’attività dell’autore come poeta. Sì, Sallis è un traduttore, musicista, poeta e altre cose ancora.
Anche nella forma “La strada per Memphis” mi ricorda un libro di poesie, sottile e denso. Oppure una raccolta di preghiere laiche, dove si ragiona sulla stupida nostalgia per un amore perduto o per una opossum (Miss Emily) scappata dalla sua tana abituale.
Questo è James Sallis, un poeta che usa il ritmo della musica blues, i sapori della cucina degli stati del Sud, e il paesaggio a volte ostile e spesso avvolto dalla bellezza per raccontare un uomo e la sua vita. Poco di più, forse. La differenza è lo stile. La differenza è solo il verso di una sua poesia:
“Find beauty. Try to understand. Survive”.
1 commento:
Ottima segnalazione. Sallis è un maestro.
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