giovedì 16 ottobre 2008

Tropa de Elite


A Rio de Janeiro le squadre del BOPE (Batalhão de Operações Policiais Especiais) dispongono di circa 100 agenti, la polizia di trentacinquemila. Narrato dal punto di vista di un capitano del BOPE e frutto dei racconti di ex-poliziotti, Tropa de Elite, Orso d’Oro al Festival di Berlino (2008) è un film ambiguo, accusato di elogiare i metodi violenti degli squadroni della morte. In realtà il regista José Padilha si serve della storia (e dello stesso sceneggiatore di “City of God”, 2001) per portare in scena, attraverso un montaggio che alterna tempi e visioni con un ritmo serrato, quanto di più vicino alla realtà si possa dire. Il risultato è un racconto del reale dove violenza, crimine e critica sociale sono una cosa sola. In questo mescolare senza stacchi netti è racchiuso il difetto (presunto) del film.

Nel 1997 il Papa in visita a Rio alloggerà all’Arcivescovado, vicino a una favela, il BOPE, sei mesi prima della visita, inizia una serie di incursioni contro i narcotrafficanti aumentando il sequestro di armi ed eliminando fisicamente vari uomini delle organizzazioni che controllano le favelas. In una scena il capitano Nascimento alla richiesta di un suo agente che ha appena torturato un criminale per estorcergli un’informazione:
Agente: “Di lui cosa ne faccio?”
Capitano Nascimento: “Lo mettiamo in conto al Papa”
Esce dalla stanza. Spari in sottofondo.


La vicenda privata che tiene insieme la storia è la ricerca da parte del protagonista di un suo sostituto. Nascimento è consapevole che continuando nel suo lavoro perderà la moglie e il figlio appena nato: qui entrano in scena Neto e Matias due amici poliziotti dai caratteri diversi, ma accomunati da un identico odio per la corruzione. Il BOPE ha due nemici: i narcotrafficanti e i poliziotti corrotti, e in questa visione dove nessuno può salvarsi, è difficile scorgere una facile morale. L’ambiguità nutre il film, il montaggio adrenalico e le atmosfere ricordano “City of God” di Meirelles. Strano che il film di Meirelles fosse accusato di essere uno spaccato edulcorato e pensato per i festival e che per Padilha si argomenti usando una presunta visione fascista delle operazioni del BOPE. La questione è semplice, se l’autore adotta un punto di vista, il suo compito è raccontare la storia in modo autentico. Come detto, in Tropa de Elite non esiste nessuna assoluzione: né per la polizia corrotta, né per gli studenti che manifestano solo quando a essere uccisa è un a ragazza di una ONG, e neppure per il protagonista, il capitano del BOPE e infatti il finale è la dimostrazione che per salvare se stesso deve condannare qualcun altro. Da vedere

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