domenica 6 luglio 2008

La casa degli incontri


Valutazione oggettiva: ottimo libro. Valutazione soggettiva: tutte le corde non me le ha toccate, qualcosa non mi ha raggiunto.

Mi rendo conto però che ci sto ancora ripensando, che mi ritrovo a ricordare il vecchio protagonista, a scuotere la testa ricordando la sua cattiveria, insana, rozza, e la sua intelligenza, e i suoi momenti di pura dolcezza.

Forse questo scioglie ogni dubbio.

Amis è inglese. Uno dei più grandi autori inglesi. Come molti mi chiedo quanta bravura serva per riuscire a farti entrare così nelle viscere di un popolo senza appartenervi.

La Russia.

I gulag.

Il terrore. La noia.

Amis riesce davvero a trasportarci su di un treno che corre tra passato e presente, in una lunga conversazione con chi ancora non sta ascoltando. Riesce a farci sentire la rabbia, l'assoluta mancanza di redenzione, il sapore crudo e fastidioso della prigionia, di un limite da oltrepassare.

Riesce a trovare posto all'emozione, alla storia, ai legami, ai ricordi, il tutto in poco più di 200 pagine che sembrano il doppio per la densità delle parole.

Due fratelli, due vite, una prigionia, molte volontà, frammenti di guerra, e dolore, e cattiveria.

Distanze.

Molte donne, un solo amore, totalizzante, dannoso, furente.

La casa degli incontri è si il titolo del libro, il suo punto focale, un luogo nel quale si decide un Destino, ma non è che il centro di un panorama molto più grande, il simbolo di una scelta e di una perdita.

Il luogo in cui i prigionieri del campo potevano fingere, per una notte, di essere uomini normali. Il luogo al quale giungevano le mogli, una sola notte per settimane di viaggio, una sola notte per ritrovare negli occhi di un individuo perduto lo sguardo di chi con te condivide tutto.

Il nucleo ruota intorno ai due fratelli, perché solo uno di loro entrerà in quella Casa, e facendolo darà il via a dinamiche che verranno capite solo nelle ultimissime pagine del libro.

Amis ci regala un protagonista che si definisce, conversando con la figlia, "vecchio sporcaccione", "stupratore", "uomo perduto".

Non fa niente per redimersi, niente per chiedere perdono, niente per avere seconde occasioni.

In questo sta l'onestà del suo essere una creatura rabbiosa, perduta, ma in fondo umana.

Questo vecchio, che viaggia su un treno che lo riporta al punto di origine, non sta chiedendo nulla. Racconta. Ricorda. Espone i fatti a volte in modo quasi chirurgico.

Ricorda la guerra, la prigionia, gli stupri, le scelte.

Ci parla di un paese facendocelo sentire sotto la lingua, come un sapore acido di cui non riesci a liberarti.

E in questo modo ci cattura, non lasciandoci più fino alla fine della corsa.

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