giovedì 17 luglio 2008

Gli interessi in comune di Vanni Santoni


“Goloso! Ti metto uno zerouno, che sei stato anche male” (Vanni Santoni, Gli interessi in comune)
“Buone vacanze e non usate sostanze” (carabiniere incontrato a un posto di blocco vicino a Perugia, estate del 1994).

Il Valdarno è la provincia di una provincia: neppure Firenze mantiene le sue promesse. “In questa città le ultime iniziative decenti sono state quelle di Lorenzo il Magnifico”.

Nella vallata di paesi, agriturismi, bar e circoli arci, sopravvive un gruppo di ragazzi seguito dal 1995 al 2005, tra tutti Iacopo, il Malpa, Dimpe, il Mella e Paride. “Gli interessi in comune” di Vanni Santoni prende il titolo da un passaggio del libro che è una triste epifania: “una persona finita insieme a loro solo per un interesse in comune” che poi sarebbe la ricerca meticolosa del consumo di sostanze psicotrope varie. Di base le canne, neanche c’è da discutere, ovvio. Poi si alternano LSD, mescalina, MDMA, fenilciclidina, ketamina, cocaina, salvia divinorum, anfetamine e via di questo passo, astenendosi giusto dall’eroina endovena, che è da “robbosi”.
Probabilmente non avrei dovuto ridere, son cose serie, ma quando Iacopo e il Malpa vanno a trovare un amico ricoverato d’urgenza in ospedale e si preparano due flebo (Ringer) di morfina, non ho resistito. Non ho resistito neppure altrove, a dire il vero. Vanni Santoni, l’Irvine Welsh de Montevarchi, sdraia il lettore con i racconti di dieci anni di viaggi allucinati. I protagonisti crescono, in qualche modo finiranno l’università, e in qualche altro modo rientreranno nelle statistiche dell’Italia che produce reddito, beninteso, lo produce in gran parte per altri, in genere.
Il paesaggio è quello dei dintorni di Figline, anche se compare due volte Amsterdam e mi ricorda il viaggio della maturità e quello fatto dopo dieci anni quando finalmente ho visto il Van Gogh Museum, il Rijksmuseum, Delft, il Mauritshuis di Den Haag, i mulini a vento, e tutte le case storiche dello Herengracht. Ma tolti questi momenti nel “lunapark d’Europa”, la storia è lì in Valdarno con Firenze in cima. Nella provincia opprimente, ci sono paesi come Ambra “dove circola più droga che a Caracas”; e sono posti come il bar, il circolino che radunano gli psiconauti di Vanni Santoni.
Il progetto di Iacopo di scrivere un manifesto che racconti “noi” cioè loro, ovvero una generazione, naufraga subito. L’idea di Santoni non è il ritratto generazionale (lascia diversi indizi evidenti) e questo lo salva dalla facile caduta in cliché che di certo non gli appartengono.
L’uso delle sostanze è ben documentata: “ero deciso a venire, e ora sono ancora più deciso a sfasciarmi. Non siamo qui per divertirci”.
La trama è letteralmente tenuta insieme dalla sostanze, un collante alquanto solido perché effettivamente reale in una fascia della popolazione giovanile. Come detto questo non è un ritratto generazionale sebbene inizi con un manifesto. Quindi per quelli che aspettano cosa dice Ratzinger o il direttivo di partito per esprimere un’opinione, per quelli che hanno studiato e basta e hanno famiglia e sono stati sempre responsabili già a cinque anni, per quelli che il papà gli ha lasciato l’azienda e gli tocca il soverchiante peso di dare da mangiare (i vestiti sono a parte) a cento operai, per quelli che il lavoro è tutto e sono realizzati e la vita vale e bisogna darle un senso, per quelli che hanno già progettato matrimonio, figli e vacanze con anni di anticipo… be’ questo romanzo non è per voi, e neppure per me in effetti, però nell’asfittico universo letterario italiano, pur con i suoi difetti, “Gli interessi in comune “ di Vanni Santoni rimane un’opera sofferta e liberatoria insieme, un malinconico commiato verso gli anni che stanno alle vostre spalle, in qualsiasi modo abbiate deciso di trascorrerli.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Federico Melani uno di noi!