sabato 9 gennaio 2010

“Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi)” di Nicola Lagioia.

Portami il girasole impazzito di luce. E un caffè macchiato, grazie.

E’ un libro da consultazione. Certo prima bisogna leggerlo almeno una volta. Però poi sta bene lì sul comodino, vicino a “Orientarsi con le stelle” di Carver. Ehi, l’editore è lo stesso. Strano? Non tanto.
E’ un livre de chevet, certo, che si può comodamente tenere vicino alla scatoletta con due tipi diversi di benzodiazepine e una imidazopiridina, niente di illegale, magari anche del salbutamolo per riempirsi i polmoni di aria grigia. Questo romanzo - o non romanzo - libro - oggetto, mettiamoci pure a cavillare, a volte (anzi spesso), si apre in vortici di luce:
“[…] diventa chiaro che per sfuggire a ricadute disastrose è necessaria una partenza. Tra Lazio e Umbria le stagioni, si soffermano su una muta, radiosa declinazione di morte. Si aprono alla vista campi di girasole di una bellezza devastante. Enormi distese di oro e di verde salgono al vertice della propria intensità al solo scopo di crollare tanto più rovinosamente nel cuore piatto dell’inverno. Partii che potevano essere le cinque del mattino. Ci fu quest’alba in autostrada. Questa luce su cose morenti. Queste ali spiegate di corvi che annunciano il giorno”.

In fondo il libro di Nicola Lagioia, che si legge comodamente in novanta minuti, senza supplementari e saltando l’intervallo (a meno che non siate incontinenti), il libro è una serie di finte partenze per afferrare quella giusta. Una serie di scatti brucianti da centometrista. Ancora e ancora. E non ne avrete mai abbastanza.
Mescolare ricordi, citazioni, storie immaginarie, i cliché, la vita, la dama cinese, la cucina, che nei romanzi è quasi sempre luogo di accumulo di piatti sporchi, la letteratura (ovvio c’è "Guerra e pace"), la filosofia, Love & Death, ma senza nominarlo, e ancora la droga, laccio emostatico compreso (ora costa un euro), il nembutal, che, invece, praticamente non si vende più, e spararsi tutta questa tirata di parole, rimangiando ogni cosa di sé stessi, ogni sbaglio, sconfitta o vittoria, tutto, come in una partita di dama cinese, appunto: questo è il romanzo, in parte. Perché è la danza di sottrazioni che affascina Lagioia e il lettore (o alcuni lettori); questa gara ad eliminazione, anno dopo anno, in corsa verso il nulla e in mezzo… In mezzo quello che vi pare.
Mi avete realmente creduto?”.
Più o meno è così che vedo questo romanzo. Disclaimer: ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti (anche a Lagioia ecc.) è puramente casuale. La lunghezza della recensione è proporzionale a quella del libro e al fatto che voglio prendere il tè guardando una puntata de “I pinguini di Madagascar”.

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