sabato 16 gennaio 2010

Come mi batte forte il tuo cuore di Benedetta Tobagi

Benedetta aveva 3 anni quando uccisero suo padre Walter. Lui, di anni, ne aveva 33. Dalla sua morte, il 28 marzo 1980, sono passati quasi 30 anni.
Walter Tobagi era un giornalista, uno scrittore, era anche Presidente dell’Associazione Giornalisti della Lombardia; scriveva per il “Corriere della Sera”, si occupava di politica, di sindacati, di terrorismo. Era un appassionato storico, gli interessava soprattutto la storia dei sindacati, la loro nascita, la loro evoluzione.
Lo uccise un commando della “Brigata XXVIII Marzo”, costola semi-sconosciuta delle ben più famose BR.
Raccontare la sua storia significa raccontare quegli anni che tutti conosciamo sotto la definizione “anni di piombo”. Anni in cui giovani sotto i 30 anni si sono sentiti in diritto di mettere a ferro e fuoco un paese che non rispondeva ai loro ideali.
Benedetta sente forte la mancanza di un padre, ancora di più di un padre come il suo, che a 33 anni ha già una brillante carriera, conosce personaggi in vista (da Moro a Craxi, che benedetta ricorda come un omone spaventoso, tanto che lo osservava di nascosto), è apprezzato ed amato nell’ambiente giornalistico, come in quello politico.
Alle medie scoprii che nelle cellule vegetali ci sono organuli simili a bolle d’aria, i vacuoli, attorno ai quali si organizza il resto della struttura. Mentre ricopiavo diligentemente il disegno dal libro di scienze sul mio quadernone pensavo, desolata: sono io. Abbarbicata attorno a dei vuoti in cui cerco disperatamente di non cadere”.
L’assenza, il più delle volte, è ossessiva, pesante, come un mantello che condiziona passi, scelte. Ci si chiede sempre: e se? E se fosse vissuto? E se mi avesse vista crescere? E altre domande ancora. La risposta di Benedetta è cercare. Ripercorrere la storia di un padre attraverso le sue carte, i suoi articoli, i suoi ricordi, le sue registrazioni, gli atti del processo.
Un sentiero fatto di carta che condurrà – forse – ad una serenità nuova.
I ricordi intimi, le figure dei nonni, l’infanzia e l’adolescenza di Walter si mescolano alla ricerca storica, al lavoro certosino in archivi impolverati, in redazioni deserte.
I colloqui con gli amici giornalisti, le lettere giovanili, i diari: esperienza, memoria, lavoro, ricordo e inchiesta si mescolano e si inseguono tra i capitoli.
Perché Benedetta, per capire e conoscere suo padre, deve poterne cogliere tutti gli aspetti.
Il libro corre veloce, senza piagnistei o pedanteria.
I libri di memorie non sono tra i miei favoriti; purtroppo si rischia di cadere nella pantomima del martirio, nel circo dell’eroe caduto. Non vuole essere mancanza di rispetto, la mia, ma semplice constatazione: spesso queste morti vengono strumentalizzate per un cordoglio che di autentico ha poco, si smarriscono dentro facili vittimismi.
Questo libro è invece ben scritto. E’ Benedetta stessa a precisare:
Sono allergica alla retorica vuota del martire e dell'eroe, che troppo spesso si applica alle vittime del terrorismo. Papà ha avuto paura, ha faticato, ha assunto posizioni impopolari e molto discusse, ha continuato a scrivere le cose che gli sembravano giuste, ha cercato di riempire ogni giorno di senso il suo ideale di democrazia: questo, non il "martirio", fa di lui un punto di riferimento”.
Questa sua consapevolezza si evince chiaramente dal suo lucido modo di scrivere, di raccontare, di analizzare.
La morte di Walter Tobagi scosse molte coscienze, e ha ancora molti punti oscuri. Il processo ha condannato gli assassini, fra tutti il reo confesso Marco Barbone, ma non ha in realtà chiarito chi fossero i mandanti.
Ulderico, il sanguigno padre di Walter, avvisò Benedetta, le disse: “Attenta a non farti male”. E che cos’è che può fare più male della morte di un genitore? Forse, scoprire che giustizia non è stata fatta. Che – forse – qualcuno sapeva e non ha detto, “avrebbe potuto” ma si è voltato dall’altra parte. Benedetta non accusa, semplicemente riporta i fatti così come le si sono parati davanti agli occhi, con semplicità e grande obiettività.
Crescere, diventare sé stessi nell’ombra e nella scia di un evento drammatico come questo non è semplice, e la Tobagi crea, con questo libro, un universo nel quale muoversi, un punto di partenza e una destinazione, un micro-cosmo nel quale far gravitare storia, cronaca, ricordo, amore. (Chiara Biondini).

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