martedì 26 gennaio 2010

I raccoglitori di fragole di Dorothy Hewett

Dorothy Hewett, scrittrice australiana, offre in questa raccolta di racconti una splendida prova di scrittura. E' il lavoro di una vita. I racconti coprono un arco temporale di quarant'anni e si muovono tra stili e registri molto differenti tra loro.
Di volta in volta, scopriamo personaggi in apparenza diversi e distanti: un bambino che cerca di dipanare la matassa ingarbugliata degli eventi che sconvolgono la sua piccola vita, un raccoglitore di fragole che cerca lavoro con la sua giovane moglie aborigena, una donna di mezza età che vaga tra stanze e ricordi, una coppia in luna di miele, due sorelle misteriose, e ancora molti altri.
Quello che li accomuna - al di là della loro età e del luogo in cui si trovano - , è la forte empatia che riescono a trasmettere, e - soprattutto - l'enorme fusione con l'ambiente che li circonda.
Nelle parole della Hewett, le persone si fondono col paesaggio, creando immagini memorabili. I corpi ricordano le forme della terra, i movimenti umani ricalcano quelli animali, le forme degli alberi si sovrappongono a quelle di gambe, braccia, movimenti fluidi che paiono generarsi dal terreno per fissarsi sulle persone.
"Poi li vidi, i figli dei manovali con Irene McKenna in testa, correre a piedi nudi sull'erba verso la boscaglia, saltare tra gli alberelli di eucalipto, scuri e lucidi come lei".
Australia, in tutte le sue mille sfumature, è una presenza viva, qui, un elemento preponderante.
"Socchiusi gli occhi per via della luce accecante e gli sembrò che in quel momento il ragazzino fosse lì, con un piede nudo sulla roccia piatta e le briglie a penzoloni, lo sguardo perso oltre i pascoli dove la foresta azzurra segnava i confini, il bestiame che si muoveva e si agitava sotto gli eucalipti, sua madre in piedi nel cortile con i bidoni della panna, che si riparava gli occhi e gridava il suo richiamo dalla piana".
Lo stile poi denota un'intelligenza acuta, capace di destreggiarsi senza difficoltà tra i vari generi. Si passa da un registro semplice, immediato, denso dell'emozione istintiva che può contraddistinguire un bambino di tre anni, ad uno stile che mescola biografia, articoli di giornale, frammenti di poesia, estratti di diari.
C'è spazio per la riflessione politica (la Hewett ha fatto parte a lungo del Partito Comunista australiano), attraverso le accorate parole di giovani pieni di speranze, così come per l'emozione di un incontro.
Il mio racconto preferito rimane senz'altro "Le barriere di Jarrabin", un piccolo grande gioiello che in poche pagine riesce a raccontarci la magia e la crudeltà dell'infanzia, la difficile vita degli aborigeni, le scelte degli adulti vissute come imposizioni, cambi di rotta ai quali mestamente ci si rassegna.
"A volte, quando una delle donne ci rivolgeva la parola, correvamo via verso il buio e lì restavamo, prima su un piede e poi sull'altro, come timidi animali selvatici, mentre i nostri vestiti chiari brillavano nella penombra"

In generale, questa raccolta di racconti è ricca di emozioni, immagini che restano impresse a lungo e offrono un ampio panorama sull'essere australiani.
Al termine del libro, un'interessante postfazione della Hewett ci offre squarci di luce sull'origine dei testi; la scrittrice ricorda cosa li ha evocati, il perchè di una particolare scelta, la motivazione nello scrivere racconti, che spesso si rivela più arduo che scrivere un romanzo. Il finale perfetto, ça va sans dire. (Chiara Biondini).

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