mercoledì 3 settembre 2008

Una luccicante follia. “Uno strano destino” di Daniel Woodrell.


Il mondo a cui lei aspirava ci sembrava il mondo in un sogno di un bambino, tranne, okay, per la prostituzione maschile e le estorsioni”.

Uno strano destino” (ed. or. “Tomato Red”, 1998) è il secondo titolo tradotto da Fanucci, ma Woodrell non pare avere raggiunto la fetta di pubblico adeguata alla bellezza della sua scrittura. Non credo nella teoria degli happy few, purtroppo è anche vero che neppure “Cutter e Bone” di Newton Thornburg, un vero capolavoro della letteratura, ha raggiunto le vette delle classifiche. Allora? Io intanto vi dico che Woodrell è un genio, poi fate voi.

Daniel Woodrell ambienta le sue storie nel Missouri dei Monti Ozark: il paesaggio creato sulla pagina è vivo, la scrittura di Woodrell procede per immagini e sensazioni. Il romanzo è breve, la prosa densa.
Tra roulotte, case mobili e notti alcoliche rotte dal fischio di un treno, si consuma la storia di Sammy Barlach: di lui conosciamo solo quanto riportato sulla patente. L’io narrante senza passato evoca ricordi di un’epica western trasfigurata in film e racconti. Con quello di Sammy si incrociano i destini di Bev e dei suoi figli, Jason e Jamalee. Un quartetto male assortito con dinamiche di attrazione sessuale, di odio e amore incondizionato tali da riempire la vita di un analista freudiano.
Woodrell può ricordare James Sallis per l’accuratezza e insieme la liricità della prosa.
I capitoli sono piccoli tasselli e l’intero romanzo è un’opera ottenuta per sottrazione.
Sedevamo in cucina piuttosto a lungo, e lasciavamo che il caldo ci dominasse così non dovevamo farlo noi”.
L’azione è lineare, però la linea è corretta da una ponderata follia. La luce è troppo accecante. La notte scuote i ricordi. E anche il paesaggio non sembra trovare pace.
Questa valle, di notte o durante il giorno, aveva le sembianze di una creatura enorme svenuta, qualcosa che aveva corso, aveva corso finché non aveva finito la benzina ed era crollata spossata esattamente qui. Le case erano state lanciate lungo questa increspatura profonda nelle colline, e l’increspatura rappresentava la posizione di un essere derelitto collassato. Legname da sterpaglia, cumuli di spazzatura ed elettrodomestici d’epoca erano sparsi lungo i pendii e attorno alle case inclinate per servire da confine tra qui e qualunque altra cosa non fosse qui”.
Daniel Woodrell: fatevi un favore, segnatevi questo nome.

1 commento:

Anonimo ha detto...

http://piazzagiufa.blogspot.com/