martedì 20 luglio 2010

Distanze. Punto Omega, Don DeLillo



"Era così il deserto, lontano, oltre le città e i paesini sparsi. Lui era lì per mangiare, dormire e sudare, era lì per non fare niente, per stare seduto e pensare. C'era la casa e basta, poi solo distanze, niente scorci panoramici nè vedute a perdita d'occhio, solo distanze".

Punto Omega è un libro che parla di molte cose, questo lo dico subito, in contrapposizione a chi ha detto che non parla di niente.
Parla, in modo non chiassoso, nè invadente.
Parla e riesce - come sempre riesce DeLillo - a condensare concetti di portata enorme in una manciata di righe. La scelta delle parole evoca spunti, direzioni.
Elster e Jimmy, il vecchio e il giovane, prendono entrambi - in modo diverso - le distanze dal mondo, da situazioni che non sentono più appartenere loro.
C'è una sorta di quieto adagiarsi, delle parole, delle esperienze. Non immobilità, ma quiete.
DeLillo riesce a comunicarci il suo disappunto verso la gestione americana del conflitto, riesce a comunicare spaesamento, perdita di identità, volontà di annullamento, il tutto senza alzare la voce, senza mettere in modo cataclismi, tragedie.
Come già aveva dimostrato Durrenmatt in un libro completamente diverso, "La promessa", la quiete può essere - a volte - terrificante. Alienante. Paralizzante. Cose in potenza di succedere. In attesa.
Jimmy come un buco nero.
"Mia moglie una volta mi disse: - Cinema, cinema, cinema. Se fossi ancora un pò più denso saresti un buco nero. Un fenomeno, - disse. - La luce non ha via d'uscita".
Nel prologo Jimmy ed Elster osservano l'installazione "24 hour Psycho", che lo stesso DeLillo ha visitato nel 2006.
Il film dilatato, due fotogrammi al secondo, 24 ore di durata.
Di nuovo, quiete, lentezza.
Tutto appare più chiaro ed al contempo distante, irreale. Un grido dura per un tempo che appare infinito, e diventa così metafora di se stesso, diventa teatrale, al limite dell'assurdo.
E ancora:
"-L'haiku non significa nulla oltre quello che è. Uno stagno d'estate, una foglia d'inverno. E' la coscienza umana calata nella natura. E' la risposta a tutto in un determinato numero di versi, un conto sillabico prestabilito. Io volevo una guerra formato haiku, - disse. - Volevo una guerra in tre versi. Non era questione di livelli di potenza o di logistica. Quello che volevo era una serie di idee legate a cose transitorie. Questa è l'anima dell'haiku. Svelare ogni cosa alla vista. Vedere quello che c'è ed essere pronti a guardarlo scomparire."
Punto Omega è una lettura complessa e semplice allo stesso tempo. Possiamo semplicemente lasciare che immagini e parole si posino lente sulla superficie della nostra mente, o possiamo farle rimbalzare come palline impazzite nel tentativo di trovare loro una collocazione che ci dica: "Ecco, è fatta".
Ma una collocazione non c'è.
Questo è ciò che ho percepito.
Non c'è collocazione, nè conclusione, nè quella sorta di pace che tutti agognamo.
Solo un lento, incessante scorrere.

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