martedì 2 marzo 2010

Il sangue è randagio di James Ellroy. Dov’è quel piccolo clic che collega tutto.


Un solo nome: Klein. Un solo collegamento: Dave Klein. Un omaggio. Una sola conclusione con i fili ancora appesi, pronti al corto circuito, aperti. Scintille sul finale della tetralogia di Los Angeles. “White Jazz”. Ora questo. L’ultimo volume di “Underworld America”.
JFK. Morto. MLK. Morto. RFK. Morto. “Tricky” Dick in corsa contro Hubert H. Humphrey per la Casa Bianca. Gli uomini dietro le quinte. Dwight Holly. Wayne Tedrow Junior. Infiltrazione. Riciclo di denaro. Disinformazione. “Il sangue è randagio” si apre con una rapina: denaro e smeraldi. Un filo che legherà insieme troppe vicende. “Dimmi qualcosa. Dimmi tutto”: come sempre Ellroy non si risparmia. Alterna anfetamine e barbiturici. Impenna la storia, la incrocia con la Storia, le vicende si contorcono, rituali voodoo, erbe haitiane, la visione si sfalda. Leggo. Alcune pagine diventano sfuocate. Qui qualcosa non torna: bisogna leggere ancora. Non si può smettere. Impilo i romanzi come fascicoli. Donald Crutchfield con strane assonanze con Ellroy da giovane. Furti nelle case. Dexedrina. Ossessioni. Donne. Fotografie. Biancheria intima. “I miei luoghi oscuri” infiltrato nella trilogia. Trilogia di fascicoli. Di Romanzi. R. Erre maiuscola. Tutto finto. f. Effe minuscola. Nessuna regola. Le regole sono note. I problemi non esistono, se non esiste una soluzione. Sudore sui fogli. Fuoco nelle strade. 1968: le micce sono accese. Tutte. Il romanzo corre. Vite che s’intrecciano troppo tra di loro. La storia di James Ellroy o la si vive (in parte) oppure è inutile accostarsi a questo autore. Riprendo il precedente fascicolo: Sei pezzi da mille/marzo 2001/L.39.000 – 20,14 euro. Sulla prima pagina una “J” strascicata. Un piccolo marchio.
La mazza da golf sul cranio di W. T.: un finale ondeggiante. “Sei pezzi da mille”: pagati. “Il sangue è randagio” riparte da lì. Da quel finale. Non è che un ultimo enorme tassello nella storia/Storia di Ellroy. “Underworld America”, ispirata a “Libra”, a “Underworld”; libri che avrei letto. Dopo.

Donald Lindscott Crutchfield. La tappezzeria che si anima. Collegamenti che diventano chiari. Clic. La rapina. Clic. L’assassinio brutale. Ossessioni continue. “-Perché fai queste pazzie?-. -Perché voglio piacere alle donne-”. E le donne, scomparendo, rimangono. Vive.
Come sempre in Ellroy un personaggio può morire in poche righe. E accade. J. Edgar Hoover è l’ultima morte “storica”, ma un attacco di cuore, può avere molte spiegazioni. Provate questa.

Il Watergate resta fuori, sospeso, una presenza che rimane indelebile, non serve la scrittura. E la scrittura di James Ellroy non è epica, perché mito essa stessa: la trilogia usa “la verosimiglianza senza scrupoli”, trascina il lettore per oltre ottocento pagine, devia, assolve senza redimere, crolla. Tutto è iniziato con “American Tabloid”. Il primo colpo. Dalla collina: Dallas 22 Novembre 1963. In memoria di quello che eravamo.
Dimmi qualcosa?
NIE sucks.

James Ellroy, “Il sangue è randagio” (ed. or. 2009), pp. 859, 24 euro, Mondadori, 2010.

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