Hotakainen parte da una separazione, quella tra Matti e sua moglie e sua figlia, Helena e Sini, per affrontare il dilemma del trovare casa. In realtà Matti e Helena hanno già una casa, ma è un bilocale, lontano dal sogno di Helena di una villetta indipendente.
L’autore alterna vari punti di vista, così l’io narrante può essere Matti, che illustra il suo progetto e la sua situazione, oppure Helena, o i vicini di casa, o la polizia, o un agente immobiliare. In questa narrazione divertente e malinconica, con un grande ritmo, Kari Hotakainen non nasconde una critica molto dura al sistema di vita Finlandese.
Nella preparazione da stratega bellico, Matti si appresta a raggiungere il suo obiettivo e in questo percorso apprendiamo molto. La “villetta” ha il suo clan di sostenitori e anche il suo organo di stampa, “Casa Giardino”: in un articolo uno psicologo spiega i vantaggi del vivere in una villetta unifamiliare, la bellezza e la tranquillità del giardino fiorito. Altro elemento cruciale è l’essere un reduce, condizione che Matti stesso illustra: i reduci della Guerra avevano avuto diritto a un lotto di terra su cui far edificare una casa, Matti è invece un reduce del Fronte Domestico. Abilissimo nel cucinare, pulire, lasciare del tempo libero alla sua compagna e moglie è un soldato di quella guerra di liberazione dei confini o meglio dei compiti che definivano uomo e donna e che con il progresso e soprattutto nell’avanguardista Finlandia sono storia vecchia. Proprio il suo essere un reduce non riconosciuto alimenta la sua rabbia. La villetta, il suo acquisto, coincide per Matti con la riconquista della sua famiglia.
Tra vicini del condominio che sfiorano la paranoia, agenti immobiliari sull’orlo di una crisi di nervi, abitanti di villette disposti a tutto, Matti muove i suoi passi verso il sogno. Diventato anche un film, “Via della Trincea” è un romanzo di esilarante bellezza.
Alla fine quello che non ho capito è perché una persona dovrebbe volere una villetta a Helsinki: “D’inverno, poi, qui di cielo non ce n’è neanche un po’, l’alone delle luci nasconde le stelle e le gomme chiodate raschiano l’asfalto”. E sì, Helsinki non è Villasimius.
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