domenica 2 settembre 2012

La narrativa italiana che non legge quasi nessuno

Città distrutte (Sei biografie infedeli) di Davide Orecchio

…come un piede all’orma che deposita, come un urlo all’eco che ha lanciato”.

Biografie infedeli. L’infedeltà è l’immaginazione del racconto che crea i collegamenti mancanti nelle vite delle persone, ricostruite sulle base di una solida documentazione. Davide Orecchio esplora non solo le vite, ma anche i luoghi: “la storia è fatta di città distrutte e poi ricostruite”. In queste città vivono i personaggi/persone che l’autore racconta con uno stile preciso e insieme visionario, perché per ridare vita ai morti, farli parlare e agire serve un breve lampo che squarci il fumo-polvere-tenebre avvolto attorno ai nomi scomparsi. Nominare. Raccontare. Sognare le vite e disseppellirle. “Città distrutte” è un’opera di grande rigore, forza ed empatia. Qualcosa nello stile ricorda Pavese, una musicalità nella cadenza e nella scelta delle parole, come in “Dialoghi con Leucò”: attraverso il racconto, le vite svelano radici mitologiche, perché infedeli, illuminate e misteriose. L’autore compare, a volte, con una dichiarazione di poetica, un’ulteriore chiosa al testo/biografia: “Ho a che fare con uno stato d’animo, altrimenti come spiegare questa biografia che da una riga all’altra accumula anni, dove l’ultima delle linee è soverchiata dalla catena dei fatti[…]? E tutto in poche pagine, non come accadde ma come fu ricordato e ora scrivo. Lo chiamo un anno ma dura il tempo di annotarlo (anzi non è tempo, è un gesto)”. Straordinaria è la prosa lirica che contraddistingue la biografia, ampiamente infedele, di Andrej Tarkovskij. Le citazioni in epigrafe al racconto avvertono subito il lettore sul soggetto della biografia, ma i due personaggi, quello creato da Orecchio e Tarkovskij “iniziano a somigliarsi dopo i vent’anni”. Attraverso l’invenzione il lettore può sperimentare l’emozione della narrativa, della storia immaginata e anche ritrovare il grande regista russo. Districare i fili delle biografie infedeli non è opera semplice e neppure da prendere in considerazione; bisogna abbandonarsi alla letteratura. Le parole rotolano sulla lingua, dapprima come semplici suoni, poi immagini, ombre, notti insonni, desideri, morte, speranze, vizi assurdi. Le maglie della rete-racconto raccolgono i collegamenti: il resto è poesia che lega tutto nell’opera che si ha tra le mani, testimonianza di testimonianze e magico incontro tra le parole, come trai personaggi e le persone.

Un altro intervento dell’autore. “[…] ma ho fretta come se domani il mondo finisse, le mie piante morissero, il gatto scappasse di casa, la casa crollasse con tutti i suoi libri e la musica, i progetti s’incenerissero dalla mezzanotte e perdessi la memoria e tutte queste sciagure potessero evitarsi solo a una condizione: chiudere con Migliorisi”. E poi scopriremo che Pietro Migliorisi è, o potrebbe essere, Alfredo Orecchio; il sangue come un filo rosso che si avvolge e tende allo strappo, mentre l’autore lo dipana con foga e insieme rassegnazione. Le microfratture nella vita degli individui sono crepe che si diramano in più direzioni e l’autore le segue, facendo scorrere la penna come fosse un’estensione tattile delle dita, del senso più fisico e diretto perché implica il contatto.

Davide Orecchio, “Città distrutte. Sei biografie infedeli”, pp. 238, 15,50 euro, Gaffi editore, Roma, 2011.

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