Città distrutte (Sei biografie infedeli) di Davide Orecchio
“…come un piede all’orma che deposita, come un urlo all’eco che ha lanciato”.
Biografie infedeli. L’infedeltà è l’immaginazione del racconto che crea i collegamenti mancanti nelle vite delle persone, ricostruite sulle base di una solida documentazione. Davide Orecchio esplora non solo le vite, ma anche i luoghi: “la storia è fatta di città distrutte e poi ricostruite”. In queste città vivono i personaggi/persone che l’autore racconta con uno stile preciso e insieme visionario, perché per ridare vita ai morti, farli parlare e agire serve un breve lampo che squarci il fumo-polvere-tenebre avvolto attorno ai nomi scomparsi. Nominare. Raccontare. Sognare le vite e disseppellirle. “Città distrutte” è un’opera di grande rigore, forza ed empatia. Qualcosa nello stile ricorda Pavese, una musicalità nella cadenza e nella scelta delle parole, come in “Dialoghi con Leucò”: attraverso il racconto, le vite svelano radici mitologiche, perché infedeli, illuminate e misteriose. L’autore compare, a volte, con una dichiarazione di poetica, un’ulteriore chiosa al testo/biografia: “Ho a che fare con uno stato d’animo, altrimenti come spiegare questa biografia che da una riga all’altra accumula anni, dove l’ultima delle linee è soverchiata dalla catena dei fatti[…]? E tutto in poche pagine, non come accadde ma come fu ricordato e ora scrivo. Lo chiamo un anno ma dura il tempo di annotarlo (anzi non è tempo, è un gesto)”. Straordinaria è la prosa lirica che contraddistingue la biografia, ampiamente infedele, di Andrej Tarkovskij. Le citazioni in epigrafe al racconto avvertono subito il lettore sul soggetto della biografia, ma i due personaggi, quello creato da Orecchio e Tarkovskij “iniziano a somigliarsi dopo i vent’anni”. Attraverso l’invenzione il lettore può sperimentare l’emozione della narrativa, della storia immaginata e anche ritrovare il grande regista russo. Districare i fili delle biografie infedeli non è opera semplice e neppure da prendere in considerazione; bisogna abbandonarsi alla letteratura. Le parole rotolano sulla lingua, dapprima come semplici suoni, poi immagini, ombre, notti insonni, desideri, morte, speranze, vizi assurdi. Le maglie della rete-racconto raccolgono i collegamenti: il resto è poesia che lega tutto nell’opera che si ha tra le mani, testimonianza di testimonianze e magico incontro tra le parole, come trai personaggi e le persone.
Un altro intervento dell’autore. “[…] ma ho fretta come se domani il mondo finisse, le mie piante morissero, il gatto scappasse di casa, la casa crollasse con tutti i suoi libri e la musica, i progetti s’incenerissero dalla mezzanotte e perdessi la memoria e tutte queste sciagure potessero evitarsi solo a una condizione: chiudere con Migliorisi”. E poi scopriremo che Pietro Migliorisi è, o potrebbe essere, Alfredo Orecchio; il sangue come un filo rosso che si avvolge e tende allo strappo, mentre l’autore lo dipana con foga e insieme rassegnazione. Le microfratture nella vita degli individui sono crepe che si diramano in più direzioni e l’autore le segue, facendo scorrere la penna come fosse un’estensione tattile delle dita, del senso più fisico e diretto perché implica il contatto.
Davide Orecchio, “Città distrutte. Sei biografie infedeli”, pp. 238, 15,50 euro, Gaffi editore, Roma, 2011.