venerdì 28 maggio 2010

L'aiuto di Kathryn Stockett

Anni 60, Mississippi. Questo basterebbe già a intuire la non facile gestione della materia narrativa. Poi si osserva la foto di copertina: è splendida, e cattura in pieno l’essenza del romanzo, nel quale spesso le domestiche si telefonano l’una con l’altra per aggiornarsi sulle novità, sfogarsi, o avvisarsi di un pericolo.
Il romanzo della Stockett colpisce per la sua intensità, ci si sente risucchiati nella calda e appiccicosa atmosfera del sud, e questo forse anche perché l’autrice conosce bene la realtà che ci racconta: è nata in Mississippi e per anni ha avuto una domestica di colore.
In fondo, la storia è di quelle già note: da una parte l’opulenta società dei bianchi, dall’altra la fervente comunità dei neri. Giovani signore ricche che si affannano in feste di beneficenza, domestiche di colore che si affannano dietro ai loro figli e a magioni lussuose.
Sono – in fondo – cose già sentite – ma come sempre, nei buoni libri, a fare la differenza è la scrittura: la Stockett è partecipe, lucida, intensa ed emotiva, senza risultare buonista o accattivante. I suoi personaggi hanno il giusto spessore, si fanno ricordare, si imprimono nella mente con gesti e parole.
C’è la saccente che tratta i domestici di colore come persone infette, la remissiva che fa di tutto per compiacere la saccente e si perde la gioia di crescere i suoi figli, c’è la giovane laureata con tanta voglia di cambiare le cose, c’è la (finta) svampita biondo platino con un grande segreto.
E poi, ci sono loro: le domestiche. Quelle che davvero conoscono il significato della parola “Help”. Aiuto. Di questo si tratta. Delle loro voci raccolte in un libro che (forse) farà la differenza.
I capitoli sono a più voci, di volta in volta volte seguiamo il punto di vista ora di Skeeter, la bruttina, ma sveglia che cercherà di fare la differenza, ora di Aibeleen, domestica che scrive le preghiere su un quaderno perché siano più efficaci, ora di Minny, domestica dalla boccaccia impertinente.
E’ probabile che questo non sia un capolavoro, è probabile che questo libro non cambierà il corso della letteratura.
Quello che è certo è che un libro valido, un libro scritto sapientemente, denso di figure femminili forti o fragili, insopportabili o umane al di là di sé stesse. Quello che realmente ho apprezzato è stato il suo non adagiarsi su facili soluzioni, buonismi da quattro soldi, lieti fini confezionati ad arte.
Kathryn Stockett non dimentica la realtà, pur sapendola addolcire con il calore della speranza.
(Chiara Biondini)

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