[Recensione scritta durante la seconda presidenza di George W. Bush]
L’estinzione della razza umana è al centro dell’opera di Jared Diamond: non stiamo parlando di un libro di oscure profezie apocalittiche (e vedremo che anzi il messaggio è in fondo positivo), Diamond, l’autore del fortunato e brillante “Armi, acciaio e malattie”, analizza vari esempi antichi e moderni di civiltà che si sono estinte o sono state sul punto di farlo; l’elenco non è breve: Anasazi, abitanti dell’Isola di Pasqua, i Maya, i Vichinghi della Groenlandia, il massacro del Ruanda. La lista continua. L’autore esamina con attenzione ogni evento, riportando tesi diverse. Le pratiche attraverso cui le società passate hanno messo a rischio se stesse con la distruzione del proprio habitat rientrano in otto categorie: deforestazione, cattiva gestione delle risorse idriche, gestione sbagliata del suolo, eccesso di caccia, eccesso di pesca, introduzione di nuove specie, crescita della popolazione umana e l’aumento dell’impatto sul territorio di ogni singolo di individuo. A questi otto pericoli la nostra attuale società somma: “cambiamenti climatici dovuti a intervento umano, accumulo di sostanze tossiche nell’ambiente, carenza di risorse energetiche ed esaurimento delle capacità fotosintetiche della terra”. Diamond nella peggiore delle ipotesi avanza lo scenario di una crisi globale con un futuro caratterizzato da standard di vita “significativamente inferiori a quelli odierni”. D'altronde l’autore è stato consulente per alcune aziende petrolifere, ha conosciuto il mondo dell’ecologia sia radicale, sia applicata dalle industrie stesse (perché un minor impatto ambientale significa meno danni da cause civili e alla lunga maggiori profitti… la cosa non vale per la Cina, a cui viene ovviamente dedicato un capitolo: l’immagine dei milioni di metri cubi di spazzatura che si accumulano nelle periferie di alcune città se non è apocalittica, attinge molto alla cupa rappresentazione del futuro di un autore come Philip K. Dick). Lo studio degli errori commessi da altre civiltà dovrebbe, a parere dell’autore, permetterci di compiere le scelte giuste ora.
“Una grande differenza tra pericoli odierni e quelli del passato è data dalla globalizzazione, che sta al cuore delle ragioni più forti di pessimismo e di ottimismo circa la nostra capacità di risolvere gli attuali problemi ambientali. La globalizzazione impedisce che una società moderna possa crollare in isolamento, come successe agli abitanti dell’Isola di Pasqua. Un qualsiasi paese, non importa quanto remoto e in preda a disordini interni, può causare problemi alle società più prospere situate in altri continenti ed è a sua volta sotto la loro influenza, sia essa benefica o destabilizzante”.
In uno dei capitoli più appassionati del libro, Diamond spiega come i problemi del mondo siano problemi di tutti. Cita come esempio l’Olanda dove esiste una stretta interdipendenza tra tutti i segmenti della società, (il capitolo, non a caso, è intitolato “Il mondo è il nostro polder”) evidenziando una differenza netta con la società anglosassone:
“Negli Stati Uniti, i ricchi cercano di isolarsi dal resto della società, utilizzano servizi privati, ma sono ferocemente contrari a un aumento delle tasse che permetterebbe a tutti di godere di tali servizi, pagati però dallo stato. I cittadini facoltosi si stanno ritirando in residence cintati e impenetrabili, si affidano a una polizia privata… Il presupposto di questa tendenza alla privatizzazione è l’errata convinzione che l’élite possa rimanere estranea ai problemi della società circostante: è lo stesso atteggiamento dei capi Groenlandesi che alle fine si dovettero rendere conto che l’unico privilegio che si erano assicurati era quello di essere gli ultimi a morire di fame”.
Uno dei problemi maggiori della nostra società è sapere fare le scelte giuste, purtroppo, ammette Diamond molti degli attuali governanti segue la cosiddetta “politica dei 90 giorni”, ovvero tre mesi sono il massimo orizzonte temporale da prendere in considerazione. Suppongo che con Bush si parli di “politica delle 90 ore”. Nella Repubblica Dominicana un personaggio assai discutibile come Balaguer è riuscito a ridurre l’impatto ambientale di molte industrie con leggi ferree e adottando metodi poco democratici, però l’autore, come chiunque giunga sulla ex isola di Hispaniola da un aereo, non potrà non notare una metà del territorio quasi completamente disboscata (Haiti) e una metà ricca di una lussureggiante vegetazione. Diamond cita altri esempi positivi, ma il caso di Balaguer gli permette di affermare una verità fondamentale: “Ci dà fastidio scoprire che qualcuno che ammiriamo per una particolare virtù, non è per altri versi altrettanto virtuoso. E’ difficile riconoscere che non siamo coerenti con noi stessi in ogni aspetto della nostra personalità”. Ho volutamente citato il caso di Balaguer, perché permette di illustrare la ricchezza di questo saggio: ormai possiamo leggere un romanzo di James G. Ballard come un trattato sociologico (si vedano “Millenium People” o “Regno a venire”), oppure un saggio profondo e ricco di informazioni scientifiche come un romanzo, nel senso migliore del paragone sia ben chiaro. Diamond riesce a essere interessante anche quando parla delle escrezioni fecali dei ratti attraverso cui è possibile ricostruire la storia di un particolare habitat. Alla fine della sua vasta opera, Diamond si dichiara cautamente ottimista: infatti noi siamo i primi a trovarci di fronte al rischio di un declino globale, ma siamo anche i primi “ad avere l’opportunità di imparare velocemente dalle esperienze delle altre società a noi contemporanee o del passato. Ecco la ragione per cui ho scritto questo libro”. Il problema effettivo sta in un avverbio: “velocemente”. La politica dei 90 giorni non ci rassicura, ma nemmeno il fatto che in Italia, dove come in molti stati i protocolli di Kyoto sono stati ratificati già da due anni, le emissioni di gas serra sono aumentate del 12% rispetto a quelle del 1990, mentre l’impegno preso era quello di ridurle del 6,5% rispetto a quelle del 1990… la conclusione è che ho fatto bene a visitare Amsterdam due estati fa. D'altronde, come diceva Woody Allen: “Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti”.
L’estinzione della razza umana è al centro dell’opera di Jared Diamond: non stiamo parlando di un libro di oscure profezie apocalittiche (e vedremo che anzi il messaggio è in fondo positivo), Diamond, l’autore del fortunato e brillante “Armi, acciaio e malattie”, analizza vari esempi antichi e moderni di civiltà che si sono estinte o sono state sul punto di farlo; l’elenco non è breve: Anasazi, abitanti dell’Isola di Pasqua, i Maya, i Vichinghi della Groenlandia, il massacro del Ruanda. La lista continua. L’autore esamina con attenzione ogni evento, riportando tesi diverse. Le pratiche attraverso cui le società passate hanno messo a rischio se stesse con la distruzione del proprio habitat rientrano in otto categorie: deforestazione, cattiva gestione delle risorse idriche, gestione sbagliata del suolo, eccesso di caccia, eccesso di pesca, introduzione di nuove specie, crescita della popolazione umana e l’aumento dell’impatto sul territorio di ogni singolo di individuo. A questi otto pericoli la nostra attuale società somma: “cambiamenti climatici dovuti a intervento umano, accumulo di sostanze tossiche nell’ambiente, carenza di risorse energetiche ed esaurimento delle capacità fotosintetiche della terra”. Diamond nella peggiore delle ipotesi avanza lo scenario di una crisi globale con un futuro caratterizzato da standard di vita “significativamente inferiori a quelli odierni”. D'altronde l’autore è stato consulente per alcune aziende petrolifere, ha conosciuto il mondo dell’ecologia sia radicale, sia applicata dalle industrie stesse (perché un minor impatto ambientale significa meno danni da cause civili e alla lunga maggiori profitti… la cosa non vale per la Cina, a cui viene ovviamente dedicato un capitolo: l’immagine dei milioni di metri cubi di spazzatura che si accumulano nelle periferie di alcune città se non è apocalittica, attinge molto alla cupa rappresentazione del futuro di un autore come Philip K. Dick). Lo studio degli errori commessi da altre civiltà dovrebbe, a parere dell’autore, permetterci di compiere le scelte giuste ora.
“Una grande differenza tra pericoli odierni e quelli del passato è data dalla globalizzazione, che sta al cuore delle ragioni più forti di pessimismo e di ottimismo circa la nostra capacità di risolvere gli attuali problemi ambientali. La globalizzazione impedisce che una società moderna possa crollare in isolamento, come successe agli abitanti dell’Isola di Pasqua. Un qualsiasi paese, non importa quanto remoto e in preda a disordini interni, può causare problemi alle società più prospere situate in altri continenti ed è a sua volta sotto la loro influenza, sia essa benefica o destabilizzante”.
In uno dei capitoli più appassionati del libro, Diamond spiega come i problemi del mondo siano problemi di tutti. Cita come esempio l’Olanda dove esiste una stretta interdipendenza tra tutti i segmenti della società, (il capitolo, non a caso, è intitolato “Il mondo è il nostro polder”) evidenziando una differenza netta con la società anglosassone:
“Negli Stati Uniti, i ricchi cercano di isolarsi dal resto della società, utilizzano servizi privati, ma sono ferocemente contrari a un aumento delle tasse che permetterebbe a tutti di godere di tali servizi, pagati però dallo stato. I cittadini facoltosi si stanno ritirando in residence cintati e impenetrabili, si affidano a una polizia privata… Il presupposto di questa tendenza alla privatizzazione è l’errata convinzione che l’élite possa rimanere estranea ai problemi della società circostante: è lo stesso atteggiamento dei capi Groenlandesi che alle fine si dovettero rendere conto che l’unico privilegio che si erano assicurati era quello di essere gli ultimi a morire di fame”.
Uno dei problemi maggiori della nostra società è sapere fare le scelte giuste, purtroppo, ammette Diamond molti degli attuali governanti segue la cosiddetta “politica dei 90 giorni”, ovvero tre mesi sono il massimo orizzonte temporale da prendere in considerazione. Suppongo che con Bush si parli di “politica delle 90 ore”. Nella Repubblica Dominicana un personaggio assai discutibile come Balaguer è riuscito a ridurre l’impatto ambientale di molte industrie con leggi ferree e adottando metodi poco democratici, però l’autore, come chiunque giunga sulla ex isola di Hispaniola da un aereo, non potrà non notare una metà del territorio quasi completamente disboscata (Haiti) e una metà ricca di una lussureggiante vegetazione. Diamond cita altri esempi positivi, ma il caso di Balaguer gli permette di affermare una verità fondamentale: “Ci dà fastidio scoprire che qualcuno che ammiriamo per una particolare virtù, non è per altri versi altrettanto virtuoso. E’ difficile riconoscere che non siamo coerenti con noi stessi in ogni aspetto della nostra personalità”. Ho volutamente citato il caso di Balaguer, perché permette di illustrare la ricchezza di questo saggio: ormai possiamo leggere un romanzo di James G. Ballard come un trattato sociologico (si vedano “Millenium People” o “Regno a venire”), oppure un saggio profondo e ricco di informazioni scientifiche come un romanzo, nel senso migliore del paragone sia ben chiaro. Diamond riesce a essere interessante anche quando parla delle escrezioni fecali dei ratti attraverso cui è possibile ricostruire la storia di un particolare habitat. Alla fine della sua vasta opera, Diamond si dichiara cautamente ottimista: infatti noi siamo i primi a trovarci di fronte al rischio di un declino globale, ma siamo anche i primi “ad avere l’opportunità di imparare velocemente dalle esperienze delle altre società a noi contemporanee o del passato. Ecco la ragione per cui ho scritto questo libro”. Il problema effettivo sta in un avverbio: “velocemente”. La politica dei 90 giorni non ci rassicura, ma nemmeno il fatto che in Italia, dove come in molti stati i protocolli di Kyoto sono stati ratificati già da due anni, le emissioni di gas serra sono aumentate del 12% rispetto a quelle del 1990, mentre l’impegno preso era quello di ridurle del 6,5% rispetto a quelle del 1990… la conclusione è che ho fatto bene a visitare Amsterdam due estati fa. D'altronde, come diceva Woody Allen: “Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti”.