martedì 21 luglio 2009

La città invincibile, Joseph O'Neill

"Mia madre, sebbene attenta, sebbene insegnante, non era incline a fornire indicazioni esplicite, e potrebbe effettivamente essere grazie a lei se per natura tendo ad associare l'idea di amore a una casa su cui è sceso il silenzio."

La città invincibile di O'Neill è New York, una New York spaesata e spaesante che accoglie i pensieri e le paure dell'olandese Hans. Che segue i suoi passi, che incarna i suoi desideri e le sue ossessioni. O'Neill costruisce un romanzo denso e bellissimo, con qualche imperfezione, ma forse è proprio questo a renderlo più tangibile. Hans si ritrova solo nella metropoli dopo un Undici Settembre che sembra aver mandato in pezzi anche il suo matrimonio. La moglie Rachel e il figlio Jake volano a Londra, e Hans si ritrova a vivere in un albergo in compagnia di angeli che vengono dalla Turchia e altri personaggi un pò particolari. Ma non è tutto qui. Il Chelsea Hotel è solo un tassello, una parte della storia. Che comprende soprattutto una strana amicizia cominciata sui campi da cricket. E' qui - sul terreno di un enorme passione comune - che Hans conosce Chuck, un poliedrico personaggio che viene da Trinidad e ha un sacco di idee, forse non tutte propriamente lecite, e alcune decisamente altisonanti, come quella di costruire a New York un enorme stadio da cricket che richiami migliaia di persone. Muovendosi tra tempi e luoghi, O'Neill scivola avanti e indietro, bisogna tenere il passo, seguire le riflessioni, i pensieri, le scelte di questo Hans che - per certi versi - potrebbe ricordare il Frank Bascombe di Richard Ford.
La parte migliore del libro, la sua essenza, sta proprio nel carattere di quest'uomo, così ben delineato, così nudo e vivo da essere quasi palpabile.
Ci sono periodi in cui ci si lascia vivere, altri in cui semplicemente ci si limita ad esistere. Poi ci sono i giorni fatti di scelte, dall'inizio alla fine, intrisi di quella consapevolezza che porta - alla fine - pace. Ed è questo che Hans cercherà di fare; cercherà di ritrovare un significato, un punto di arrivo, una costante in mezzo ad un mare di eventi dall'aria insignificante. Patenti, affari, giovani donne, loschi traffici, sentimento, amore. O'Neill dipinge e noi osserviamo. Colore, colore, colore, ancora e ancora. La soddisfazione finale sta nell'osservare un quadro che fa delle sue sbavature il suo punto di forza. L'umanità - in fondo - è dolcemente imperfetta.

"Quelle ore spese a pancia in giù non mi preoccupavano particolarmente. Davo per scontato che tutt'intorno a me, nelle lucenti scatole che trasformavano la notte in una fitta scacchiera luminosa, innumerevoli newyorkesi giacessero sul pavimento, abbattuti da sentimenti analoghi. O se non proprio orizzontali, quantomeno in piedi davanti alle finestre, come spesso facevo io, a osservare le nuvole invernali che cancellavano - così almeno pareva dal mio punto di osservazione - i grattacieli non troppo distanti"

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